PINTUS. BAU!

Pintus, spiegaci lo spettacolo. “Ma con un titolo come Bau veramente c’è bisogno di spiegare lo spettacolo? Veramente devo dirvi di che cosa parlerà? Io capisco se si fosse chiamato Miao, ma si chiama Bau! A volte davvero, mi viene voglia di abbaiare!” Questa la presentazione del nuovo tour teatrale di Angelo Pintus.

Lo spettacolo al Colosseo di Torino, sold out per 8 giorni su 8 di programmazione, è una metafora dei tempi travagliati e disomogenei che stiamo vivendo. Figli che non capiscono i genitori boomer e genitori che si chiedono chi sia l’alieno che hanno in casa, in una comicità di situazioni paradossali e involontarie che sono l’eterna contrapposizione tra due generazioni differenti fin dall’età della pietra. 

Lo spettacolo racconta le nostre quotidiane disavventure e incongruenze, trasformate da Pintus in spunti di comicità graffiante che aiutano a riflettere sulla “malattia” del nostro tempo, i social, e su giornate che troppo spesso mettiamo più on line che nei ricordi personali. E senza mai cadere nella volgarità, il comico diventa censore di costumi, com’era una volta “ridendo castigat mores”, ammonisce senza infierire con un rimprovero aspro e la risata è catartica e medicinale al tempo stesso. 

Pintus porta in scena contraddizioni e disagi dei nostri giorni.

Viviamo di ossimori e incongruenze. E il comico triestino lo sottolinea con ironia che guida all’assoluzione anche su temi politicamente scorretti come la nascita di un figlio o quello che si guarda su Tik Tok o -peggio- la parità di genere! Ma allora perché questo titolo, Bau, se non si parla di animali? 

Perché gli animali vengono citati come protagonisti delle nostre vite in un dialogo surreale con loro, in una ricerca di condivisione che a volte manca tra umani perché, diciamolo chiaro, nella risata che ti fa perdere alcune batture dello show tanto è esilarante da non riuscire a sentirlo tutto, c’è la comprensione di atteggiamenti che abbiamo ogni giorno e ci portano a parlare più spesso con i nostri amici pelosi invece che con le persone intorno. 

E Pintus fa proprio leva su questi aspetti del vivere per tracciare una esilarante parabola tra incomprensioni, gaffes, misunderstanding, di un tempo che ci passa accanto perché noi lo perdiamo a fotografarlo invece che a viverlo. 

Nel suo blocco di appunti che gira mano a mano come in un rosario laico di comicità spicciola, sono scritti gli appunti di un elenco incongruente tra vita e sogno, tra realtà e finzione.

Il ruolo del comico in fondo è questo. Gestire le ansie di ogni giorno, le manie, i vezzi, e trasformarli in grottesche raffigurazioni di cui ormai non ci accorgiamo perché fanno parte di noi come una seconda pelle.

La comicità più impattante è proprio quella che riesce a far riflettere nel momento in cui le risate si quietano, lo stomaco smette di ballare e il cervello comincia a riflettere sulle parole che hanno scatenato l’ilarità collettiva.

Ci riconosciamo nei difetti perché Pintus ce li dipinge con bonaria gentilezza, senza la sguaiataggine della parola scurrile gettata per un umorismo volgare. Il suo non è un atto di accusa ma una constatazione collettiva: una risata allunga la vita.

E il teatro Colosseo a Torino si è trasformato per una settimana in un contenitore di risate, una esplosione di allegria guidata da chi ormai è in grado di affabulare senza parlare, di far ridere con uno sguardo, di interagire col pubblico con un sopracciglio alzato o uno sguardo che sembra getta lì per caso.

La sua capacità di tenere il palco è straordinaria. La scuola dei “villaggi” e dell’improvvisazione teatrale è una forza travolgente; in scena c’è un comico completo, in grado di correre a perdifiato per due ore tra metafore e scanzonate prese in giro del nostro umano disagio e far ridere senza interruzione per oltre 120 minuti di show . Ma anche capace di commuovere, sul finale, con una riflessione sulla vita. 

La fotogallery della serata è a cura di Renata Roattino @jhonninaphoto

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