Cosa c’entrano Dante e la cucina toscana? Scriveva … “Fatti non foste per viver come bruti…” . E con la sua celeberrima terzina, il Sommo Poeta, per bocca di Ulisse, ci insegna che ricerca e conoscenza sono la vera ragione dell’esistenza umana. Anche nel cibo.
Comincio il mio mini-tour culinario in terra toscana, più precisamente a Pietrasanta, tra il mare e la montagna, e mi abbandono al lussurioso inferno culinario del Circolo S.O.M.S. (Società Operaia Mutuo Soccorso) di Capriglia, all’incrocio dei sentieri montani del Parco delle Apuane, senza farmi controllare dalla ragione e dalla morale.
Ci accolgono Alice e Daniele che ci avevano già preparato un tavolo al fresco della terrazza, sotto gli alberi. Come spesso succede mi lascio guidare dal ristoratore, confidando che mi proponga i piatti migliori. Daniele arriva con una figliata, una palla di mozzarella che contiene piccoli bocconcini. Mi chiedo dove sia la cucina del territorio di cui tanto mi ha parlato raccontandomi la storia del suo ristorante visto che la figliata è un’invenzione del caseificio casertano Di Santo.

Ma ecco che assaggio una peperonata in rosso e il palato viene avvolto dalla dolcezza e dalla perfetta cottura dei peperoni che sono la vera introduzione alla cucina promessami. Fa seguire un’insalata di trippa che vince sin dalla prima forchettata la mia titubanza: la trippa è al dente e con la sua preparazione e cottura, Daniele l’ha privata del tipico pungente odore conservandone il prelibato gusto e mescolandola a croccanti verdure. Assaggio i nervetti di piedino di vitello e non riesco a trattenermi nello svuotare la ciotolina. Siamo solo all’antipasto e mi premuro di passare al primo.
La pasta e fagioli me la porta senza tagliolini “per star più leggero” dice. Penso che sarebbe stata leggera anche con la pasta. Il sapore dei cannellini, ai quali penso abbia aggiunto i primi borlotti di stagione, la cottura e il condimento, parlano un forbito e sincero dialetto toscano. Le sarde fritte mi ricordano che il mare è a 15 minuti e le mangio con la lisca e tutto, come sono solito a fare se sono fresche.
Mi pulisco la bocca con i sottaceti e continuo con i calamari, anch’essi fritti e croccanti e passo alle cervella di vitello in pastella. Il vino e l’atmosfera contadina mi inebriano. Ci propone una fetta di torta alle mele “quella la fa mia suocera” dice. Chiudo con questo dolce che sembra uscito dalla cucina della nonna.
Ritornerò! E penso a come i quinti quarti possano acquisire nobiltà sposandosi con uno chef come Daniele Iorio (ex Cibréo di Firenze).

“Orribil furon li peccati miei…” e il pasto successivo è da Johnni Bertolaccini, al Paradis nel centro di Pietrasanta che mi promette una cucina che unisce gusto e autenticità alla filosofia dei prodotti bio e del bien-vivre. Ci fanno accomodare nel giardino realizzato da Jean Mus, tra agrumi, piante aromatiche e profumi mediterranei. Il servizio è informale ma si percepisce classe e stile. Voglio restare leggero, d’altronde sono al purgatorio e devo redimermi.
Lotto con le tentazioni e scelgo entrée di stringhe con uovo in camicia e un risotto alla barbabietola. Le stringhe sono un tipo di fagiolini, molto lunghi, tipici della Toscana. Bertolaccini propone una rivisitazione delle tradizionali stringhe al pomodoro aggiungendoci un uovo pochette. Le stringhe, raccolte la mattina stessa, sono bollite alla perfezione: croccanti ma non rigide. L’uovo, di una razzolante gallina ovaiola livornese della loro azienda agricola, è freschissimo. L’albume è bianco e soffice, rappreso e non stracotto. Il tuorlo è morbido e cremoso.
L’accostamento con le stringhe e i pomodorini è vero, elegante. Il risotto mi rimanda alla luce, ai colori e al tratteggio dei pittori divisionisti. Il riso, penso volutamente tenuto con l’anima croccante, mantiene il suo sapore tra quelli della rapa e del formaggio. Incontro lo chef Johnni Bertolaccini che mi racconta che è nato a Pietrasanta, che da autodidatta ama rielaborare vecchie ricette attualizzandole in nuove presentazioni. Passeggio per Pietrasanta e penso che, al di là della tecnica, la passione sia il fondamentale ingrediente di ogni piatto.

“Intra due cibi distanti e moventi…” Anch’io, come l’Âne de Buridan, non so decidermi. Torno da Iorio o da Bertolaccini? Poi mi ricordo che mi son guadagnato il paradiso e prenoto da Alain Cirelli, al Paradis Agricole a cinque minuti dal centro di Pietrasanta, in aperta campagna. Ceniamo sul grande tavolo di quercia, sotto il pergolato di questa esclusiva maison de campagne con piscina, trasformata in una vera e propria dimora pensata per accogliere amici.
Qui, il chilometro zero non è solo reale, ma preteso da Alain Cirelli che dopo i successi dei suoi ristoranti in Francia e del Paradis di Pietrasanta, ha acquistato questa tenuta per produrre direttamente i prodotti per le sue ricette. Assaggiamo formaggi e salumi, insalate e pomodori appena raccolti, fiori di zucca ripieni di ricotta fresca, ravioli fatti in casa con carni miste. Chiudiamo con un tocco francese: una clafoutis di ciliegie. Prima di andare, visito la casa. Oggetti d’arte, mobili di design, 9 camere destinate ad una clientela di classe, un servizio caldo e premuroso. Il tutto immerso nel verde, tra uliveti, frutteti, orti e serre.
Et voilà, Le Paradis!
photo credit: Saleem Arif