Lamelas
David Lamelas, Buenos Aires, 1964, Photo Oscar Bony

DAVID LAMELAS: A BOLZANO SPAZIO TEMPO E STORIA … “ I HAVE TO THINK ABOUT IT”

Il 30 settembre, presso la Fondazione Antonio Dalle Nogare a Bolzano, si inaugura la seconda parte della prima mostra retrospettiva italiana dell’artista argentino David Lamelas, autore di una delle più affascinanti ricerche artistiche emerse alla fine degli anni Sessanta. Nella pratica di Lamelas si articolano installazione, scultura, disegno, fotografia, film, video, opere sonore, che raccontano i contesti e le condizioni definenti le nostre percezioni e cognizioni.

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Lamelas e Antonio Dalle Nogare Ph Luca-Guadagnini

Un nuovo allestimento sarà studiato ed attuato per la continuazione di questo evento, iniziato a maggio e che si concluderà il 24 febbraio 2024, per meglio conoscere l’artista considerato tra i grandi pionieri dell’Arte Concettuale.

La mostra, a cura di Andrea Viliani con Eva Brioschi, si sviluppa spazialmente su tutti i piani della Fondazione, sconfinando anche in locali di servizio, come scale e ascensore, così da generare un dialogo con alcune delle sue opere. Oltre allo spazio, aumenta anche la durata nel tempo: generalmente limitata a poche settimane, copre invece un arco temporale molto più ampio durante il quale, assumendo configurazioni diverse, saranno presentate alcune tra le più importanti opere storiche dell’artista insieme a nuove produzioni, e a un programma inedito di eventi dal vivo.

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David Lamelas_I Have to Think About It

Lamelas: “I have to think about it…”

Con il  titolo stesso, consapevolmente autoironico quanto autoriflessivo (“devo pensarci su”),  Lamelas mette in forse il formato stesso di mostra, e in particolar modo di quella retrospettiva, per proporne un’interpretazione personale nella quale il contesto espositivo e quello dell’istituzione, rappresentano elementi di un discorso in divenire, in cui provocare e accogliere la possibilità di diversi punti di vista, quello dell’artista ma anche quello del visitatore,  che rispondano al contesto in cui è situata l’esperienza espositiva.

Lamelas ci invita a considerare le dimensioni dello spazio e del tempo come qualcosa di interpretabile, e quindi variabile: più che concetti, infatti, per lui spazio e tempo sono accadimenti contestuali e relativi, quindi esperibili e narrabili in molteplici variazioni, alla cui interpretazione compartecipa con altri soggetti, a partire dal pubblico, formato spesso anche da altri artisti o dai partecipanti alle sue azioni performative, chiamato da Lamelas ad essere, come in alcuni film e serie fotografiche in mostra, co-autore dell’opera nel momento stesso della sua realizzazione.

Ma chi è,dunque, David Lamelas? Nato nel 1946 a Buenos Aires, ben noto per le sue sculture e i suoi film, vive e lavora tra Los Angeles, Buenos Aires e l’Europa. Si laureò all’Academia Nacional de Bellas Artes nel 1963. All’inizio si concentrò sulla scultura e negli anni ’60 fu uno dei membri chiave dell’Instituto Torcuatro di Tella , un’organizzazione che promuoveva l’arte d’avanguardia e concettuale. Il movimento in Argentina incontrò l’opposizione del governo a partire dal giugno 1966 quando fu deposto il presidente Arturo Umberto Illia .

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Il neo-presidente Juan Carlos Onganía  ha utilizzato le forze armate argentine per reprimere l’opposizione politica proveniente dalle università e dai giovani, iniziando a vigilare sugli artisti schietti. Secondo il suo racconto, David Lamelas era stato arrestato e incarcerato quattro volte. Nel 1967 Lamelas espone alla IX Biennale di San Paolo. La sua installazione, Dos Espacios Modificados – Two Modified Spaces, ha vinto il primo premio. Nel 1968 lascia l’Argentina per studiare scultura alla Saint Martin’s School of Art di Londra e nello stesso anno, venne invitato a rappresentare l’Argentina alla Biennale di Venezia.

La sua installazione, The Office of Information about the Vietnam War at Three Levels: The Visual Image, Text and Audio, è rappresentativa di molti dei temi di Lamelas, tra cui media, comunicazione, informazione e critica alla politica estera degli Stati Uniti. L’interesse di Lamelas per il cinema è iniziato durante i suoi studi a Londra . Tra i suoi film più noti ci sono “Film Script”, “To Pour Milk Into a Glass” e “The Dictator” tutti in genere dedicati ai temi di tempo, spazio, sorveglianza e cultura popolare.

Negli ampi spazi della Fondazione Antonio Dalle Nogare, Lamelas libera l’opera dalla sua consistenza oggettuale e materica evidenziando, attraverso le sue installazioni, lo spazio architettonico o urbanistico che esse condividono con l’artista e con lo spettatore, oppure prediligendo pratiche basate sul tempo, come quelle video-filmiche e performative. Il tempo stesso diventa concretamente rappresentabile in quanto “situazione” e “attività” così come l’opera diviene uno strumento di “segnalazione” o “segnalamento” di uno spazio e di ciò con cui, in quello stesso spazio, l’opera si relaziona.

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David Lamelas, I have to think about it foto Guadaglini

Inoltre, nel momento in cui,  fra gli anni Sessanta e Settanta, gli artisti iniziarono a mettere in discussione il contesto istituzionale (la cosiddetta institutional critique) per denunciare le ideologie che impongono e condizionano la narrazione e l’esperienza dell’opera d’arte da parte del pubblico, Lamelas individuò proprio nello spazio e nel tempo espositivi l’occasione per non limitarsi a mostrare delle opere ma per potenziare, attraverso di esse, la percezione e la consapevolezza di chi le osserva o le ascolta, anticipando in questo senso le cosiddette estetiche relazionali emerse a partire dagli anni Novanta.

L’attitudine dell’artista a decostruire consuetudini e aspettative proprie del sistema dell’arte si configura, nel suo complesso, come un radicale esperimento, in cui la distanza fra arte e vita si assottiglia per farsi esperienza diretta e narrazione storico-critica delle coordinate estetiche, cronologiche e geografiche in cui l’artista si trova a operare.

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David Lamelas. I Have to Think About It Photo Hannes Ochsenreiter

Spazio e tempo, reale e mentale, figurazione e astrazione, biografia e storia, artista e pubblico, arte e vita non sono più categorie distinte, ma diventano una sintesi esperienziale e narrativa, costantemente variabile in quanto sempre interpretabile, in cui tutte le sue opere consistono e coesistono …

E se anche noi provassimo a non dare per scontati né lo spazio né il tempo, come pure il nostro ruolo in essi? E se provassimo a riguardare e a riascoltare ciò che vediamo e udiamo normalmente intorno a noi, e iniziassimo…. a pensarci su?

Elena VOLPATO

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