Domenikos Theotocopoulos detto El Greco (1541-1614), vive la sua avventura umana e artistica attraversando una pluralità di temperie culturali, influenze, tradizioni e contesti sociali. Potrete ammirare tutto questo a Palazzo Reale, Milano, fino al 11.2.2024

Domenikos Theotocopoulos: El Greco (1541-1614)
Affascinante l’incipit quando l’artista, audace e curioso, nato a Candia, avamposto di Venezia a Oriente, scopre nelle chiese locali esempi di un’altra, diversa arte firmata da Tiziano e Tintoretto. Domenikos non ha dubbi, abbandona le icone e si imbarca per Venezia dove subirà una “full immersion” di modelli culturali e artistici. Così inizia la sua formazione, tra le capitali culturali del Mediterraneo, in uno confronto stringente e senza respiro con la grande pittura veneziana e romana per cominciare.
E poi a Toledo, nel contesto della Controriforma, quando si confronta con una clientela eterogenea alla quale offre dipinti devozionali e scene religiose. Non c’è dubbio che El Greco possa essere concretamente considerato un artista europeo, eppure, particolare non insignificante, continuò sempre a firmarsi rigorosamente in greco, segno evidente che si portava dentro l’Oriente.
El Greco: l’inflluenza della pittura classica italiana

Il percorso espositivo pone l’attenzione sull’influenza che i grandi artisti italiani ebbero su di lui, tra cui Michelangelo, Parmigianino, Correggio, Tiziano, Tintoretto, e dei quali El Greco non abbandonò mai gli insegnamenti, così come sulla interpretazione del rapporto dell’artista con i luoghi nei quali ha vissuto e quando, nell’ultimo periodo toledano, opera un consapevole recupero di un’impostazione compositiva bizantina in senso lato.
Nel corso del suo apprendistato in una Venezia cosmopolita -1567-1570 – e poi a Roma, El Greco abbandona l’Oriente per l’Occidente e, nell’apprendere un nuovo uso della luce e del colore, abbraccia il “Manierismo”, diventandone il campione, in una dimensione già proiettata verso il futuro. I suoi coetanei sono Tiziano, Michelangelo, Bassano, Veronese, Tintoretto e Parmigianino e sono loro i suoi veri Maestri, come sottolinea Vittorio Sgarbi, dai quali trae la linfa che fa di lui, insieme con Velasquez, uno dei più grandi artisti in assoluto.
Nella sua pittura c’è una capacità unica di superare la barriera del tempo, nelle sue tele c’è ogni artista con il quale dialoga, e vive come se il tempo non esistesse. Meglio: El Greco si sottrae al suo tempo, ed è forse – come sostiene VIttorio Sgarbi – la sua provenienza dal mondo bizantino, visionario e senza tempo, la chiave per comprendere questo suo tratto caratteristico.

El Greco a Roma
Nel 1570 El Greco si trasferisce a Roma grazie a una raccomandazione di Tiziano all’indirizzo del cardinale Alessandro Farnese, grande mecenate romano, tramite il celebre miniatore Giulio Clovio. El Greco si stabilisce a Palazzo Farnese dove resta per un paio di anni per poi lasciarlo senza ragioni precise o conosciute. Forse, si è detto, non aveva abbastanza l’animo del “cortigiano” e inoltre non ebbe rapporti facili con i colleghi quando, a proposito degli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina, dichiarò di essere in grado di rifarli meglio! Lo chiamavano “lo stupido straniero” e lui, per tutta risposta, diceva ”..un brav’uomo Michelangelo, ma non sapeva dipingere”…..
Nel 1577, a 41 anni, da Rome parte per la Spagna di Felipe II, nella speranza di diventare pittore di corte ma, troppo poco “cortigiano, come detto, non sa adeguarsi al potere e non riesce a realizzare i suoi sogni. Si stabilisce a Toledo, lontano da mode e correnti, – dove nel 1910 verrà fondato il Museo di El Greco – in un contesto popolato da una ottima èlite intellettuale dove troverà amici e fedeli clienti e avrà grandi e prestigiose commissioni come quella del “Entierro del Senor de Orgaz”. Qui poté esternare ciò che di meglio aveva imparato tra Venezia e Roma, con un linguaggio personale e senza canoni.

Contemporaneamente crea una bottega, alla maniera delle botteghe veneziane, dove vengono realizzate alcune versioni delle sue opere più ricercate, come quelle di San Francesco o quelle della Maddalena in lacrime.
El Greco: la scelta di Toledo, Spagna
Non si allontanerà mai più da Toledo. Nell’ultima fase della sua vita, ritorna al sistema compositivo delle icone sviluppando una produzione caratterizzata da un approccio diretto, frontale, senza nulla che distolga dalla devozione. Si tratta di opere di grande potenzialità espressiva, con le quali El Greco ha costruito una concezione religiosa sconosciuta e impressionante, come le versioni dell’”Apostolato” o della “Veronica col Volto Santo”.
In quel periodo, l’arte del Greco venne perlopiù intesa come quella di colui che aveva meglio saputo interpretare l’anima mistica spagnola, quella incarnata da santa Teresa d’Avila.
In trentasette anni a Toledo, raggiunge un livello artistico tale che molti studiosi lo hanno collocato tra i grandi padri della scuola nazionale spagnola e di cui gli Istituti museali spagnoli detengono un gran numero di opere.

In realtà, per strano che sia, El Greco è stato ignorato fino a metà Ottocento e le notizie su di lui erano quelle fornite da Francisco Pacheco – la cui figlia aveva sposato Diego Velázquez – e dallo storico dell’arte Manuel Bartolomé Cossío che pubblicò nel 1908 una importante ricerca sul pittore, un “libro” su El Greco, che, ancora oggi, è una fonte fondamentale.
Un inizio di recupero di El Greco lo si deve ai romantici francesi, che elaborarono il mito di un pittore geniale tanto da essere definito come il “Delacroix del Rinascimento”.
E mentre la sua fama si consolida in Europa e America, nel 1902 il Museo del Prado organizza la prima mostra di El Greco e nel 1908 c’è una importante esposizione di sue opere al Salon d’Automne a Parigi.
Continuando a seguire Piraina nel suo ragionare, agli inizi del Novecento, si rafforza l’idea di un El Greco precursore della pittura moderna. Maurice Denis aveva annotato per primo il parallelismo El Greco-Cézanne, e ancora Delaunay, Apollinaire, Salmon evidenziano i legami tra El Greco, Cézanne e Picasso.
Anche quest’ultimo avrebbe riconosciuto l’importanza dello studio di El Greco per la nascita del cubismo. Picasso vide nello studio di Zuloaga a Parigi la “Visione di San Giovanni” di El Greco, che esercitò una notevole influenza su di lui e che forse fu l’opera che influenzò fortemente l’ideazione delle Demoiselles d’Avignon. Critici inglesi e tedeschi hanno posto in evidenza anche le influenze di El Greco sugli espressionisti tedeschi e su Kandinskij. Un’influenza, quella di El Greco, che ha toccato anche Francis Bacon e Alberto Giacometti. Tutti segnali di una evidente attualità.

Le distorsioni formali e spaziali, gli allungamenti delle figure, le deformazioni, le asimmetrie, hanno offerto il fianco a molte interpretazioni: follia, astigmatismo, strabismo, misticismo, esoterismo, omosessualità, addirittura il consumo di sostanze allucinogene; tutte spiegazioni che oggi sono state validamente confutate.
Questa mostra intende offrire una lettura aderente ai dati di fatto che conosciamo di un artista nel cui pennello, innegabilmente, si sono incontrati l’Oriente e l’Occidente. Nel processo di passaggio dal mondo bizantino a quello occidentale El Greco non ha mai perduto quelle identità che si erano coagulate nella sua personalità artistica.
Dalle icone, alle tele, ai retabli: in queste sue opere si legge il futuro della pittura, mentre l’originalità della sua arte la rende immediatamente riconoscibile nel tempo. El Greco fu un artista europeo ante litteram, eccezionale, eccentrico e stravagante, moderno e contemporaneo.
La mostra EL GRECO è promossa dal Comune di Milano Cultura e prodotta da Palazzo Reale e MondoMostre, con il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia, curata da Juan Antonio García Castro, Palma Martínez – Burgos García e Thomas Clement Salomon, con il coordinamento scientifico di Mila Ortiz.