EUROVISION. QUANDO NON VINCE LA MUSICA.

Eurovision 2022

EUROVISION 2022. La musica sconfitta dalla politica.

A Eurovision 2022 di Torino ha vinto l’ipocrisia. Ha vinto la politica. Ha vinto il contentino mediatico. 

Un festival musicale nasce per fare musica. Non per raccontare politica. La politica si ferma nelle competizioni. Basterebbe recuperare la storia. Ben prima dell’impero romano, esisteva la “tregua olimpica”. Le Olimpiadi sospendevano le guerre in corso. Gli atleti, tutti gli atleti, si sfidavano sulla base della prestanza fisica, della qualità del gesto sportivo. Vinceva il più forte, il più bravo. 

A Torino, sede scelta dall’Italia vincitrice con i Maneskin la scorsa edizione, non è stato così. Fin dall’inizio. Era un percorso scritto.

Da Eurovision 2022 la Russia “cattiva e invasore” è stata esclusa a priori, come da altre competizioni sportive. Basta Formula 1 a Sochi, basta atleti russi in gare internazionali (che così è anche più facile vincere visto che in molte specialità erano più forti, anche doping a prescindere). E a Eurovision 2022, a Torino gli ucraini sono stati accolti da trionfatori in pectore con i loro cappellini viola e mise improponibili (che forse erano seconde solo a quella di Moamhood). 

La manifestazione doveva essere musicale. E invece è stata politica. Tanto che a fine brano la Kalush Orchestra si è permessa un appello in mondovisione: “Aiutate l’Ucraina e Mariupol, aiutate Azovstal, ora”. Sul palco era stato espressamente vietato qualsivoglia accenno politico. Ma a loro tutto è concesso. Compresa la violazione delle regole senza squalifica. In fondo non erano lì per cantare ma per lanciare un segnale al mondo. 

Ma questo segnale è profondamente scorretto. È profondamente ingiusto. Far vincere qualcuno come premio di consolazione per motivi che esulano dalla competizione esalta il concetto antisportivo di ingiustizia sociale e professionale. 

Il messaggio di Eurovision 2022 è la sconfitta del talento. È la dimostrazione che non serve essere bravi, impegnarsi, studiare, preparare scenografie o balletti, se non si è “dalla parte giusta”, da quella politicamente corretta. 

Perché nella società del politicamente corretto, a vincere non è più il merito. 

Nella società del politicamente corretto vince chi “deve vincere” per ragioni che esulano totalmente dal concetto di “giusto o sbagliato”. E viene dato un segnale pericoloso e inquietante: non serve il famoso X-Factor, non serve la classe, la voce, la capacità musicale; non serve produrre qualsivoglia frutto di ingegno, arte e, o, manualità. Perché la decisione non sarà una serena valutazione dell’operato, ma un premio compensatorio di qualcos’altro.

Nella società del politicamente corretto, la vita è influenzata dal condizionamento del circo mediatico, dalla paura di andare controcorrente, di dire qualcosa di sbagliato che può metterti dalla parte dei cattivi. Indipendentemente dalla veridicità dell’affermazione. Viviamo in un’epoca in cui si deve stare da una parte o dall’altra. E se stai dall’altra, non hai ragioni da difendere. Sei bollato come cattivo a prescindere. 

Ecco perché nessuno a parte l’Ucraina poteva vincere Eurofestival 2022. Perché a Torino doveva trionfare l’ipocrisia della politica, non la qualità della musica. Torino era il palcoscenico su cui regalare un premio di risarcimento morale a chi non avrebbe mai avuto un premio. 

Poco prima dell’inizio della manifestazione, era sceso in campo addirittura il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che -evidentemente conoscendo molto bene l’importanza strategica dell’impatto mediatico, aveva invitato l’Europa a votare Ucraina. “Molto presto nella finale dell’Eurovision, il continente e il mondo intero ascolteranno le parole della nostra terra. Credo che, alla fine, questa parola sarà “Vittoria”! Sosteniamo i nostri connazionali, sosteniamo l’Ucraina!”. E subito dopo la vittoria facevano coro di tweets le teste politiche di Bruxelles: la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen insieme al presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Tutti segnali che della musica importava poco o nulla a nessuno e che il messaggio era politico prima che artistico. 

Capiamoci bene: l’Ucraina aveva già vinto nel 2004 e nel 2016, non è una Miss No One. Ma semplicemente questa volta non aveva la canzone migliore, quella degna di podio. Così come l’Italia che per fortuna non è entrata neppure nei primi tre con una lagna che di internazionale non ha nulla se non un altro, ancora, messaggio sulla fragilità cantato da due che hanno l’unico merito di aver sfrecciato sul monopattino per le via di Torino in barba ad ogni codice della strada, facendosi pure filmare per andare sui social. Non è bastato.

E così si chiude questa edizione di Eurofestival 2022 dandosi appuntamento all’anno prossimo. Come faranno a farla svolgere a Mariupol o Kiev, come si sta già raccontando, sarà un altro miracolo. Magari lo faranno tra le macerie delle città, per far vedere i disastri della guerra in mondovisione. Difficile credere che si riesca a preparare un palazzetto dello sport con tutte le caratteristiche richieste dalla gara d’appalto per la città aggiudicataria. Ma probabilmente per l’Ucraina si farà una deroga

Oppure il mondo intero, riunito dall’amore per la musica si farà carico anche della ricostruzione in primis non delle case ma di un Giant Stadium in cui far svolgere la competizione canora. Sarà un altro miracolo ucraino. 

Come quello di vincere un festival in cui, in altre edizioni, gli artisti del paese probabilmente non avrebbero passato la prima serata. 

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