La dignità di un paese povero, da 61 anni vittima di embargo economico e commerciale da parte degli USA è una cosa a dir poco eccezionale. Cuba, la repubblica Socialista la cui economia si basa su canna da zucchero, tabacco, turismo e la cui società ha la solidarietà e la condivisione alla base dei propri valori, ancora una volta stupisce il mondo. Secondo la Banca Mondiale, la “Isla Grande” con 9 medici ogni mille abitanti, è la nazione con il più alto numero, due volte quello italiano, tre quello degli Stati Uniti.
Investire nell’istruzione, nella formazione, nella sanità serve. E a Cuba lo hanno capito da sempre tanto che la formazione medica universitaria è gratuita non solo per i cubani ma anche per migliaia di studenti provenienti da paesi “poveri”.
Dall’inizio della pandemia Cuba ha avuto poco più di 51mila casi e 328 morti su una popolazione di poco più di 11 milioni. Il tasso di letalità del Covid è dello 0,6%, cinque volte più basso rispetto all’Italia (3,4%). Le ragioni? Parecchie. L’Isola caraibica ha un sistema di Protezione Civile molto avanzato e pronto a rispondere tempestivamente a emergenze di varia natura come quelle legate a epidemie e disastri naturali. Gli uragani atlantici sono un bel banco di prova. Questa del coronavirus è stata la prima epidemia dopo la Spagnola del 1918, ma nell’isola sono passate anche l’Influenza Suina e una delle varianti del Dengue emorragico.
L’Istituto Pedro Kourí, considerato tra i più autorevoli al mondo nel campo delle malattie tropicali, è un caposaldo per la difesa sanitaria che raccoglie e sistematizza costantemente materiale scientifico per lo studio delle malattie infettive, il che significa sapere sempre cosa fare di fronte alle pandemie.
I medici e infermieri cubani sono impiegati in tutto il mondo contro epidemie e catastrofi naturali e da decenni ha sviluppato una fiorente industria biofarmaceutica pubblica, capace di sviluppare vaccini e farmaci. A marzo scorso sono arrivate le brigate mediche Henry Reeve in Piemonte e Lombardia. Si trattava di un’emergenza improvvisa e l’Italia era in quel momento il primo paese dopo la Cina in cui si stava diffondendo l’epidemia.
Cuba sta sviluppando quattro “candidati” vaccini contro il coronavirus: Soberana 01, Soberana 02, Abdala e Mambisa, nomi ispirati alla storia e alla cultura cubana. Stanno tutti entrando nella fase III di sperimentazione e stanno dando risultati molto incoraggianti, migliori delle aspettative; alla fine del mese di marzo dovrebbero essere pronti, poi la parola passerà all’ente cubano, Cetmet.
Lo stato si è sobbarcato il 100% delle spese di ricerca e sviluppo. Tutti gli altri vaccini di cui si parla sono privati o vedono una compartecipazione pubblico privato.
Il sistema cubano è in grado di produrre 100 milioni di dosi nel 2021, 25 milioni delle quali entro aprile. Le prime 130mila dosi di Soberana 02 sono già pronte e si stanno somministrando alla popolazione de La Habana, Cienfuegos e Santiago de Cuba nell’ambito della sperimentazione clinica, e l’obiettivo è vaccinare entro il 31 dicembre il 100% della popolazione cubana, gratuitamente, nella peggiore delle ipotesi.
I medici di cubani si trovano ovunque. A marzo 2020 29mila dottori e infermieri si trovavano in oltre 50 paesi del mondo per fronteggiare la prima fase dell’emergenza sanitaria. Oggi, dopo un anno, ci sono oltre 30mila medici e infermieri cubani in 61 nazioni. La filosofia cubana è che la salute non ha prezzo e non sarà effettuato mercimonio sui vaccini.
Il costo per questa operazione è stato enorme. Il 2020 ha visto un bilancio statale di circa 2,5 miliardi di euro.
Non saranno però gratuiti, soprattutto per i paesi non poveri. Non si può pretendere che Cuba faccia un investimento del genere mentre questi paesi sborsano cifre esorbitanti alle case farmaceutiche private. Cuba non farà un “mercato” con la salute, ma non può provvedere vaccini gratis a tutta l’umanità.
Una lezione da imparare: condivisione e solidarietà.