Quando leggiamo di ristorazione, leggiamo di cuochi stellati, ristoranti alla moda, piatti all’avanguardia e cucine raffinatissime. Nella vita di tutti i giorni, però, quando decidiamo di uscire, prenotiamo il ristorante che conosciamo in base alle precedenti, positive, esperienze e lo identifichiamo grazie all’insegna ignorando, molto spesso, il nome dei cuochi che si mettono a nostro servizio.
Sono migliaia e agiscono dietro le quinte i professionisti che ruotano attorno a questo settore, lavorando con passione e sottraendo, molto spesso, tempo alla loro vita privata per dedicarsi completamente al nostro piacere e all’organizzazione di quelli che saranno i nostri pranzi o cene, possibilmente, memorabili!
In anni di lavoro in questo settore, ho conosciuto appassionati cuochi stellati e non, formidabili ristoratori il cui nome e volto sono oscurati dal brand del locale nel quale lavorano o semplicemente dal nome del patron. Dietro ad ogni cena perfetta, dietro a ogni banchetto, ci sono degli appassionati professionisti che meritano di essere presentati e ringraziati.
Intelletto in cucina
Gabriele Mazzolini è un giovane friulano che dopo il diploma liceale ha deciso di dedicarsi alla sua passione per la cucina. Occhi sorridenti che non nascondono la sua gentilezza d’animo, lo incontro Al Borgat, piccolo ristorante di Tolmezzo, consigliatomi da una cara amica, dove mi son fermato per la seconda volta a pranzo per ripetere l’ottima esperienza precedente e le mie aspettative non sono state disattese!
Si chiacchiera un po’ del più e del meno; parliamo di cucina, di prodotti del Friuli Venezia Giulia, di come e perché, provenendo da studi liceali, avesse deciso di dedicarsi a questa professione, magari puntando a diventare uno dei cuochi stellati che affollano il firmamento culinario italiano.
Sono sempre stato affascinato da chi, dopo aver completato percorsi di studio classici o scientifici anche accademici, abbia deciso di trasporre la propria cultura nella preparazione di pietanze.
Chi cucina mette nella pentola anche il suo stato d’animo ed il suo intelletto, anche se non è fra i cuochi stellati.
Gabriele Mazzolini ha deciso di fare il cuoco intorno ai 16 anni, mentre frequentava il liceo scientifico. L’idea nacque un po’ per caso, guardando la nonna e la mamma fare marmellate, giardiniere e paste fresche. Le sue prime nozioni le ha apprese da autodidatta, su un libro di Allan Bay. Dopo il diploma al Liceo Scientifico Magrini a Gemona ed un anno di università a Parma, alla facoltà di scienze gastronomiche, ha scelto frequentare il primo corso base all’ALMA e successivamente quello avanzato. I suoi studi liceali, in qualche modo, lo agevolano nella sua professione? La sua risposta avvalla la mia convinzione che gli studi liceali ed accademici oltre a dare un’ottima cultura generale, aiutano ad avere un approccio razionale e aperto in ogni situazione. ottimo viatico per entrare nel novero dei cuochi stellati.
La sua prima vera esperienza lavorativa è stata da Amalia e Giorgio Scabar, nel loro omonimo e ottimo ristorante di Trieste che amavo frequentare quando vivevo nelle vicinanze, per gustare piatti della tradizioni, a volte leggermente rivisitati senza mai esagerare, come le seppioline con crema di verze e il savor fatto con le triglie anziché le sarde. A Gabriele Mazzolini, però, piace principalmente cucinare la pasta fresca e prodotti meno nobili e mi svela che ama moltissimo mangiare a casa, anche se questo succede molto raramente ma, quando c’è l’occasione, cerca di fare assaggiare a familiari e amici qualcosa di diverso sperimentando nuove ricette.
Seppur giovane, Gabriele ha intrapreso un interessantissimo percorso formativo e professionale entrando in contatto con alcuni dei migliori cuochi stellati italiani. Ha infatti lavorato con Antonino Cannavvacciuolo a Villa Crespi dove ha imparato ad organizzarsi per seguire i ritmi forsennati della “haute cuisine”; ha lavorato con Paolo Donei dal quale ha appreso l’etica del lavoro ed il rispetto per la materia prima e con un meno noto Michele Lazzarini, un sous-chef che gli ha insegnato il giusto approccio con gli alimenti.
Al St. Hubertus, tre stelle Michelin di San Cassiano, al cospetto di Norbert Niederkofler, che fra i cuochi stellati italiani ha il massimo punteggio, ha poi imparato a non prendere le cose alla leggera e mi racconta un episodio: lavorava come responsabile della preparazione di alcune delle entrèe e durante la preparazione di una cena molto importante è passato il sous-chef che, dopo averli controllati, ha detto che i tacos di nervetti non andavano bene. Gabriele pensava che come al solito scherzasse e continuò con le altre lavorazioni. A dieci minuti dall’inizio del servizio, il sous-chef si mise ad urlare e distruggendo i tacos, inveiva contro Gabriele che dovette, fra ansie e preoccupazione, rifarli a tempo di record, questa volta osservando alla perfezione ricetta e lavorazione.
Mazzolini, è sempre attento alla cultura gastronomica italiana e regionale, mette nel piatto lo stesso amore delle mamme e le nonne e ama innovare usando accostamenti di materie prime tradizionali per ottenere sapori diversi. Per lui anche l’estetica gioca un ruolo molto importante; le sue presentazioni sono pulite, senza orpelli non essenziali, per far sì che gli ingredienti risaltino sul piatto.
Nella sua cucina, ama la lavorazione dei “quinti quarti”, dei tagli di carne “poveri” che impreziosisce con un sapiente utilizzo di erbe aromatiche che ama coltivare direttamente nel suo orto, uno spirito creativo che lo candida ad entrare a far parte del novero dei cuochi stellati.
L’ALMA, scuola di cucina e di pensiero fondata dal maestro dei cuochi stellati, Gualtiero Marchesi, ha segnato profondamente il modo di interpretare la cucina di Gabriele che ha una spiccata predilezione per i classici italiani.
Le sue creazioni come la lingua di vitello con salsa al drangoncello e i ravioli di gamberi di fiume e crema di peperoni dolci e piccanti sono un esempio di come, senza cercare di sorprendere con improbabili accostamenti, un piatto possa completamente soddisfare.
Purtroppo, mi confida Gabriele, la Carnia, sua terra d’origine ha delle tradizioni culinarie limitate; frico e cjarsons, i due piatti locali maggiormente conosciuti, non sono nelle sue corde.
Diverso il discorso sugli ingredienti, ce ne sono di strepitosi con una gamma di sapori immensa, così si dedica alla rivisitazione della combinazione dei gusti cucinando piatti come i suoi ravioli di formaggio salato con brodo di musetto: un piatto nato usando un ingrediente di antica tradizione già perfetto come il formaggio salato, completandolo con il brodo di cottura del musetto (insaccato prodotto con carni nobili di suino da consumare previa lunga cottura n.d.r.), elemento spesso presente nelle tavole dei friulani, che viene sgrassato e condito. È anche un’idea per un eventuale riutilizzo di quest’ultimo.
Il piccolo ristorante dove al momento lavora come chef, gli permette di esprimere, in autonomia, la sua personale idea di cucina ma la voglia di migliorarsi e di crescere non gli fa escludere di poter tornare a lavorare in una grande brigata al fianco di importanti nomi della cucina internazionale, Magari per entrare lui stesso nell’elite dei cuochi stellati.
LA RICETTA
Plin di formaggio salato, brodo di musetto, erbe spontanee
Per la pasta fresca:
150gr farina – 30gr semola – 70gr tuorlo – 100gr uova. Impastare assieme gli ingredienti fino ad ottenere un impasto liscio. Coprire con pellicola e lasciare riposare in frigo.
per il ripieno:
50gr formaggio salato – 80gr panna – 20gr latte – Tagliare a cubi il formaggio e scioglierli a fuoco basso nel latte e panna caldi. Lasciare raffreddare il ripieno e metterlo in sac à poche.
per il brodo:
100gr musetto – 200gr brodo vegetale.
Cuocere il musetto nel brodo vegetale, sgrassare, filtrare, ridurre di circa la metà e condire.
Il musetto verrà impiegato in altre preparazioni. Fare i plin stendendo la pasta piuttosto sottile, lavorandola con della semola, cuocerli in abbondante acqua salata e mantecarli con poco burro.
Impiattare i plin appoggiandoli sopra le erbe spontanee e versando il brodo di musetto caldo per ultimo.