I Social e i loro contenuti: quanto c’è di vero nelle foto che mostrano i momenti felici dei “postanti”? Nelle sere d’estate, anch’io come molti, faccio partite a carte o mi diverto con gli amici con i giochi di società.
Scopro che “postante” è una parola valida a “scarabeo”.
È il participio presente di postare che in lingua italiana, significa per Treccani: “collocare al suo posto”, riferito quasi esclusivamente ai militari. Beppe Fenoglio dice in un suo scritto che si postava sotto l’ippocastano. Fenoglio era un partigiano e il poetico ippocastano una specie di garitta.

I miei amici, però, dicono che per “postare” si intende pubblicare qualcosa sui social e la figlia dodicenne di uno di loro mi mostra una sua foto su Instagram dicendomi: «Ecco, questo è un post!». Chiaro che lo sapevo. Fingo di sorprendermi e la ringrazio per avermi illuminato. Noto che nella foto lei e un paio di sue amiche mostrano tutti i denti in sorrisi che quelli della pubblicità Durban’s fanno loro un baffo.
La foto era stata scattata il pomeriggio prima: una noiosa e caldissima giornata al mare dove lei e le amiche (ma anche io) scalpitavano dal tedio e venivano sopraffatte dall’inedia. Poi, il momento che tutti aspettavamo: il carretto dei gelati. Loro si animano come gli israeliti nel deserto vedendo calare la manna. Si agitano e corrono dal papà per ottenere la “pecunia”, poi corrono verso il carretto, ritornano, sempre di corsa, euforiche per prendere il cellulare.

Si mettono in posa sotto la scritta della Nestlè e posano con i cornetti in mano sorridendo come se non ci fosse un domani (o meglio, per me, come se di domani ce ne fossero tanti). Scelgono le foto mentre le mamme reggono i gelati appena addentati che si sciolgono al sole e dei quali si sono quasi dimenticate. Scartano una foto: quella nella quale una di loro ha una pralina incastrata sull’incisivo. Scelgono quella nella quale è inquadrato, dietro a loro, il gabbiano che sperava di rubare un gelato ad un bambino che piange impaurito.
Loro sghignazzano, ridono e emettono urletti da dodicenni micro donne. Io mi godo la scena gustandomi il ghiacciolo alla rinfrescante menta. Una grossa goccia verde mi cade sulla pancia. Non faccio tempo a distrarmi per pulirmi che loro sono già sui lettini a sbuffare, annoiate, rotolandosi un ciuffo di capelli tra le dita.

Guardo la figlia del mio amico che su “scrabble” compone la parola. PO-STAN-TE. Mi guarda con aria soddisfatta mentre ancora regge, girato verso di me, il cellulare aperto sulla foto. Abbozzo un “ Sei una bravissima postante… ma qua, eri felice?”. Lei mi guarda e non afferra.
A dire il vero non afferrano nemmeno i suoi genitori che si stanno reggendo con le mani le meningi osservando il tabellone dello “scarabeo”. “Ecco!” Dice la sua mamma. “Qua ci sta newsgroup!”.
Penso ancora una volta a Milan Kundera e a “L’insostenibile leggerezza dell’essere”.