In un articolo di TTG online () ci sono interessanti dichiarazioni: il Club Med attraverso il suo D.G. Xavier Mufraggi “conferma quello che si sta rivelando un trend ‘di ritorno’ su tutti i mercati: la nuova centralità che sta assumendo la figura dell’agente di viaggi, sempre più consulente e pedina decisiva nell’orientare la scelta del cliente”.
E’ una notizia che ci fa estremamente piacere. Torna finalmente la centralità della figura umana, la capacità di capire le esigenze del cliente. Mufraggi afferma inoltre che però “gli adv devono conoscere tutto della destinazione, non solo il prodotto Club Med, ma l’aeroporto e tutti i servizi: è un lavoro nel quale gli strumenti digitali possono aiutare molto”.
Ecco: partiamo da questo. Gli strumenti digitali sono un aiuto, velocizzano i processi e le ricerche. Ma poi il consiglio, la consulenza, la conoscenza del prodotto, fanno la differenza. Forse i consumatori e le persone in genere, si stanno finalmente disamorando di questa spersonalizzazione totale che passa da uno schermo computerizzato. Forse le persone si stanno stancando di dover sperare che vada tutto bene; di non avere una figura con la quale interfacciarsi. Una figura che nel caso dei viaggi è preparata, conosce, sa consigliare cosa è meglio per il cliente. E nel malaugurato caso di problemi è lì, in agenzia; risponde immediatamente, si attiva, fa da intermediario.
Siamo vissuti in una sbornia da “Amazon time”. E dobbiamo guarirne. Fortunatamente qualcuno si sta accorgendo che ricevere “prime” non significa ricevere “meglio”. Abbiamo pensato che ricevere in 24h un prodotto (che poi nel caso di Amazon non sono sempre solo 24h perché fino a quando non completi l’ordine anche con Prime puoi scoprire che la consegna avvenga in un tempo maggiore fino a 2 o 3 giorni) fosse la panacea di ogni male. La velocità a discapito della qualità. Forse cominciamo a vedere il problema. E forse in poco tempo sapremo usare meglio i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione.
Personalmente non cambierei mai il piacere di entrare in un negozio, provare un capo, toccare la qualità della stoffa, vedere se la taglia mi veste bene, con l’acquisto on line di qualcosa che devo sperare mi vada bene, sia della qualità che cerco e, se non è così devo magari rispedire a mie spese aspettando i tempi tecnici per riavere il rimborso. Personalmente sono contrario a comperare senza avere un’interfaccia umana e una persona che si assuma la responsabilità di quello che capita.
Ricorrere ai call center, per quanto gentili e magari infine risolutori, non risolve il problema. Devo spiegare cosa è accaduto, aspettare le loro valutazioni, mettermi in gioco e perdere del tempo che potrei dedicare per correre al parco con il cane, andare in giro con i bambini, leggere loro una fiaba, condividere un tramonto con la persona che vive con me. E invece no. Tempo perso al telefono, email a fiume per seguire cosa capita, un interlocutore nuovo ad ogni email e ogni problema. L’Amazon time ci ha portato a pensare che avere tutto a portata di mano sia la soluzione per vivere meglio. Quando fai una ricerca su internet ormai, il primo risultato su Google è il prodotto venduto su Amazon. Viene da chiedersi da cosa derivi questa supremazia, come facciano gli algoritmi di Jeff Bezos ad essere arrivati a tanto. E soprattutto perché se cerco informazioni su un tipo di sella per un cavallo mi venga proposto come primo risultato un acquisto invece dell’informazione relativa.
La dichiarazione di Club Med fa ben sperare per il futuro, non solo delle agenzie di viaggio che in questi anni si sono viste scippare clienti da internet, ma per il mondo in generale. Nelle agenzie di viaggio negli ultimi anni abbiamo assistito a scene surreali: persone che arrivavano con un preventivo fatto online da non si sa quale sito e chiedevano in agenzia di fare lo stesso prezzo …ma con il tour operator preferito. Senza neppure pensare a quali spese ci siano dietro un’agenzia di viaggio, quanta competenza e preparazione debba avere chi sta al banco dell’agenzia per consigliare, prenotare al meglio, verificare che tutto corrisponda e far partire le persone verso la destinazione dei sogni. Lo stesso è capitato per tanti negozi e agenzie. Di servizi, ma non solo.
Parliamo di agenzie di viaggio ma è il punto di partenza, quello da cui abbiamo preso spunto per una riflessione a lungo raggio. Siamo vissuti in un mondo ubriaco di O.T.A., di siti che proponevano di tutto senza neppure sapere cosa compravamo, da dove arrivavano i prodotti (che spesso significa Cina; cioè basso costo e qualità di conseguenza). Idem sulle varie O.T.A. Prenotare on line forse significa avere il prezzo migliore (anche se adesso gli hotel e i T.O. si stanno adeguando) ma certamente se non con le stesse garanzie, almeno non con le stesse comodità e certezze.
Si può obiettare che internet di buono ha avuto un calmieramento dei prezzi, ha fatto abbassare i costi cui comperare. E così, per combattere le offerte, tutti ad abbassare le tariffe. Ma mi sorge un dubbio: cosa sarà un futuro dove il fattore principale di scelta è il prezzo basso? Quanta qualità avremo? Le low cost aeree hanno abbassato i prezzi dei voli. Il risultato: peggiori servizi per tutti. Sali a bordo praticamente nudo perché è difficile portare anche un giubbotto, non hai la certezza di imbarcare neppure il bagaglio a mano certificato perché non hanno cappelliere e arrivati all’aereo ti prendono la borsa e te la mettono in stiva; c’è la corsa stile Fantozzi per salire prima a bordo, non hai i posti che vorresti perché te li assegnano in lotteria … e questo lo chiamano viaggiare? No. E’ stipare le persone in un carro bestiame, con sedili scomodi e posti strettissimi da crampi alle gambe. Salvo doversi comperare da bere ai prezzi maggiorati oltre i varchi di sicurezza, doversi pagare il supplemento bagaglio. Tutto nell’illusoria teoria di spendere meno e potersi permettere il viaggio della vita, come se viaggiare fosse un diritto da dover garantire a tutti. Questo fenomeno, realmente, cos’ha provocato quindi? Semplicemente che certe rotte sono diventate non più economicamente sostenibili né interessanti per le compagnie aeree di linea che le hanno abbandonate. E adesso tutti scomodi a prezzi lievemente inferiori a quello che sarebbe stato viaggiare comodi.
E’ un fenomeno che ha effetti non solo sul viaggiare. La ricerca del miglior prezzo insieme allo strapotere conquistato dagli algoritmi delle piattaforme Amazon, Google, Alibaba, solo per citarne alcune come esempio, ha dato vita a una deriva mortale. Piccoli negozi chiusi, crisi del lavoro, medie aziende incapaci di sostenere una concorrenza fatta di lavoro con manovalanza a basso costo e qualità scarsa, con conseguente scomparsa del ceto medio e divisione della società in nuovi straricchi e troppi nuovi poveri. E quindi ricerca del prezzo più basso per poter avere ciò che altri hanno, in un girotondo da spirale a trapano verso l’abbruttimento e l’impoverimento maggiore.
Ecco. Leggo anche che Jeff Bezos, l’ex uomo più ricco al mondo e padrone di Amazon, dopo aver chiuso nel 2015 Amazon Destination, voglia riprovare a vendere viaggi online, magari con il supporto di Booking. Non so come andrà a finire. Certo è che internet è la nuova frontiera con cui fare i conti. Ma come ogni nuova frontiera ha insidie, pericoli che magari non sono evidenti a prima vista, personaggi che occorre valutare con attenzione.
Sono un vecchio che parla dei tempi andati forse; ma osservando il punto in cui siamo arrivati grazie agli amici fantasma conquistati su Facebook, alle criptovalute di cui nessuno conosce i movimenti e che possono dragare fondi famigliari, alla mancanza di tempo per valutare una notizia che impone la velocità di risposta su un social o su un magazine online, mi chiedo se stiamo andando avanti verso la luce o verso un nuovo medioevo tecnologico. E non perché la tecnologia fa male. Ma perché l’abbiamo data in mano anche a chi non la sa gestire, offrendola alla portata di tutti. Come per i viaggi. Perdere la competenza della destinazione, della proposta, della qualità del servizio, a favore del miglior prezzo e di un click su una piattaforma gestita da un algoritmo, non è stato un bene. Ma per fortuna, in tanti se ne stanno accorgendo e forse stanno acquistando consapevolezza. E quindi le parole del Direttore Generale di Club Med tracciano una rotta di speranza. Non solo per il settore.