A Siracusa, passeggiando per Ortigia, l’antico quartiere da cui prese origine la città, camminando per via della Guidecca ci si imbatte nel Teatro dei Pupi.
Sì, proprio i Pupi, quelle marionette che hanno attraversato i secoli, allietato le generazioni, accattivato l’attenzione di grandi e piccini nei tempi andati, e che resistono nella tradizione grazie ad appassionati che portano aventi la maestria di generazione in generazione, applicando l’inventiva moderna.
E’ dalla notte dei tempi che marionette antropomorfe venivano utilizzate per catturare l’attenzione degli ascoltatori. Già dall’antico Egitto, venivano impiegate nei riti sacri.
Nella Magna Grecia, e in particolare a Siracusa e successivamente Roma, furono usate. Senofonte nel suo Simposio, riporta un dialogo avvenuto tra un marionettista siracusano e Socrate a casa del ricco Callia, durante un banchetto. L’artista, invitato al banchetto, deride le persone sciocche le quali, frequentando i suoi spettacoli, gli consentono di vivere in ricchezza, prima di animare le sue “neurospaste”, mimando una danza.
Nel Satyricon di Petronio, compare, durante la cena di Trimalcione una marionetta dalle fattezze di scheletro che invita i commensali: “a godere dei piaceri terreni, perché ben diverso sarà il mondo delle ombre”.

Già dall’antichità il teatro delle marionette possedeva una propria specificità e passando attraverso i secoli alla fine del ‘700, alcuni marionettisti attenti ai piaceri del popolo siciliano, si ispirarono al “Cunto”, il racconto orale epico-cavalleresco espresso dalle sillabazioni dei “cuntisti” che, utilizzando la propria voce ed una spada, intrattenevano il pubblico nelle piazze e nei vicoli. Così armarono le marionette di spada e scudo per far interpretare loro le storie , i duelli e gli amori dei paladini di Francia.
La tradizione dei pupi, passando da grossolane marionette armate di latta e cartone a pregiati pupi dagli sgargianti vestimenti, raggiunse il culmine della sua popolarità nei primi anni del ‘900 per poi lentamente decadere con l’avvento di nuove forme di intrattenimento, con il disgregamento sociale, con lo spopolamento dei centri storici e soprattutto con l’insana voglia comune di gettare il vecchio per fare spazio al nuovo; un sentire comune tipico del periodo post-bellico.

Siracusa e i suoi pupari
Pioniere dell’opera dei pupi fu Don Ciccio Puzzo che in uno scantinato di via Minniti realizzò il suo primo pupo, debuttando nello stesso scantinato pochi anni più tardi. Don Ciccio operò dal 1877 al 1919; i figli, tra cui spicca per bravura Ernesto, ripresero l’arte dei pupi nel 1924. In quei primi anni, il laboratorio dei Puzzo fu frequentato da “aspiranti pupari” tra cui il giovane Rosario Vaccaro. Rosario, detto Saro, lavorò costantemente con Ernesto e quando i Puzzo terminarono il loro cammino artistico, maturò l’idea di continuare la tradizione dei pupi a Siracusa.
Quando nel 1948 il sipario calò sul palco dei Puzzo, Saro allestì in un vicolo di via della Giudecca un piccolo laboratorio per la costruzione dei pupi, mentre Siracusa assisteva a rare e sporadiche esperienze nel campo dell’opera dei pupi. Sono gli anni ’70 e Rosario già da qualche anno ha coinvolto nel suo desiderio di rimettere in sesto l’opera dei pupi a Siracusa, il fratello Alfredo, esperto artigiano della cartapesta e operatore cinematografico.

Il debutto
In una tiepida giornata siracusana, Alfredo Vaccaro manovrava lungo il Vicolo II alla Giudecca una deliziosa marionetta in cartapesta dalle fattezze di papera. Un giornalista della TV locale, presente nella zona fu incuriosito dal manufatto e con suo grande stupore, seguendo Alfredo, scoprì il laboratorio di vicolo dell’Ulivo. Saro mostrò orgogliosamente i suoi pupi al giornalista che riprese alcune immagini per mostrarle in televisione. Da quel momento i riflettori si spostarono sui Vaccaro che con i loro pupi, suscitarono grande interesse nelle amministrazioni pubbliche che videro in quel laboratorio un volano per lo sviluppo dell’incremento turistico.
Fu così che il 5 luglio 1978 debuttarono con lo spettacolo “L’incantesimo di Angelica”, nella chiesa di San Giovannello alla Giudecca, dopo trent’anni dall’ultima rappresentazione di Ernesto Puzzo. Lo spettacolo piacque e i due pupari si ritrovarono sommersi da richieste.
Di luogo in luogo poi la costanza dei due fratelli fu premiata dall’amministrazione cittadina che concesse, qualche anno più tardi, uno spazio all’interno dell’ex monastero di Sant’Agostino in via Nizza che divenne la sede del teatro dei pupi dei fratelli Vaccaro.
Gli spettacoli dei Pupi dei Vaccaro

La magia e il rapporto fanciullesco di Alfredo Vaccaro con i pupi, rivive ed emerge dalle memorabili rivisitazioni delle storie e delle gesta dei paladini di Francia, con un mini-ciclo cavalleresco ricco di una forte connotazione fantastica che facesse presa sul pubblico senza oscurare la luce poetica che l’opera dei pupi irradia attraverso la messinscena delle sue storie.
I cartelloni dei Pupi dei Vaccaro
A differenza dei cartelloni dell’area catanese, realizzati su fogli di carta da imballaggio, i cartelloni siracusani dei fratelli Vaccaro, a causa delle limitate possibilità di Saro, erano realizzati con faesite. Per ogni cartellone Saro preparava un bozzetto che poi riportava su un grande foglio di faesite, disposto “o longu” (orizzontalmente) delle dimensioni di 2,10×1,40 fissato ad un telaio in legno. Le figure venivano tracciate a lapis tralasciando i particolari. L’ispirazione per la realizzazione pittorica la attingeva dalle stampe cavalleresche riportate nei libri presi in prestito dalla biblioteca comunale. Il risultato erano opere tracciate con linee essenziali, con il verde e il giallo, ed accesi sprazzi di rosso a dominare.
Il teatro dei Pupi di Via Nizza
Il teatro dei pupi di Via Nizza 14, inserito nell’ex monastero di Sant’Agostino, ed al momento della consegna, ancora Teatro di cabaret “Ucciardino”, divenne la sede storica del Teatro dei Fratelli Vaccaro. Il palco occupava uno spazio di mt. 7 x 6; il ponte di maneggio era rialzato di circa mt. 1,10 dal piano di calpestio dei pupi. Sulle quinte e sui cieletti di yuta, erano dipinti sontuosi drappi rossi, trattenuti da nappe e cordoni dorati.
Il teatro era dotato di due sipari, uno esterno dipinto da Saro con scene cavalleresche e l’altro interno, di raso rosso, che si chiudeva tra una sequenza e l’altra. I fondali, alcuni realizzati a tempera dai fratelli ed altri dipinti da nascenti artisti, si trovavano alle spalle degli opranti (o manianti) ed erano calati,
in base alla sequenza rappresentata, attraverso un sistema di funi e carrucole. Gli spettacoli erano rappresentati in modo ciclico da giugno a settembre e portavano solitamente in scena le gesta dei paladini di Francia.
Ciascun episodio aveva un principio ed una fine e questa rappresentava l’inizio del successivo. Ogni spettacolo era un atto unico diviso in sequenze, da cinque a sette. Gli episodi seguivano tutti la stessa impostazione teatrale, secondo una struttura semplice.

Cavalleria e Folklore Nel 1983, Alfredo Vaccaro concepì l’idea di mettere in scena la “Cavalleria Rusticana”. L’idea scaturì in seguito all’acquisto di un disco in vinile sul quale era registrata l’opera di Mascagni. L’impostazione scenografica prese spunto dalle immagini riprodotte sulla copertina del disco e da alcune stampe che lo stesso Vaccaro aveva ritagliato da Libri e riviste. L’idea originale era quella di utilizzare alcuni brani estratti dall’opera inserendoli all’interno dello spettacolo, le cui vicende, sceneggiate in dialetto si sarebbero arricchite di una colonna sonora di tutto rispetto.
Rosario Vaccaro realizzò nel suo laboratorio di Vicolo dell’Ulivo i pupi per lo spettacolo. Gli sforzi economici e fisici per mettere in atto il progetto furono tanti ma lo spettacolo pronto per essere messo in scena non fu mai rappresentato; Alfredo Vaccaro aveva sottovalutato ancora una volta, l’onere economico che i due fratelli avrebbero dovuto corrispondere alla S.I.A.E. per utilizzo dell’opera del Mascagni. I fratelli Vaccaro decisero a malincuore di abbandonare il progetto e tutto fu accantonato.
1990, ultimo capitolo
Nel 1990, a causa del terremoto, il teatro di via Nizza venne dichiarato inagibile. Il teatro dei pupi di Siracusa era morto. Alfredo plasmò nuove creature alte circa un metro e trenta, statiche e solitarie; i visi dipinti in modo grossolano, assumevano nella penombra del teatro espressioni grottesche, esprimevano un senso di imminente fine di un’epopea.
Era il 1991 quando Alfredo Vaccaro capì che non avrebbe più potuto portare avanti la sua arte. Il “paladino” Alfredo dovette gettare le armi ed arrendersi all’indifferenza della sua città e, con il tempo, si dissolse anche lui, il 13 febbraio 1995, un giorno qualunque di un anno qualunque.
Alfredo Mauceri
Il 13 febbraio 1995, il giovane Alfredo Mauceri, allora ventenne, invogliò i familiari a non lasciare morire il lavoro dei Vaccaro e annunciò fra dubbi e incertezze alla stampa che con la morte di Alfredo Vaccaro il sipario non sarebbe calato sul teatro dei pupi di Siracusa.
«Fu allora che maturai – ci dice Alfredo Mauceri – l’idea di continuare l’operato dei Vaccaro. Il primo passo per il riconoscimento dovuto ai fratelli Vaccaro, fu quello di fondare un’associazione; così, il 24 ottobre 1995, fondammo l’associazione “Opera dei Pupi Alfredo Vaccaro”, con lo scopo di perpetuare nel tempo la tradizionale arte dell’opra, dalla costruzione dei pupi alla messa in scena degli spettacoli».
Dai primi giorni di attività dell’associazione, la caparbietà e la dedizione di Alfredo misero in evidenza le sue innate doti. Le sue ambizioni andarono oltre la semplice intenzione di dare sporadici spettacoli tanto da auspicare un futuro sviluppo professionale ma il giovane dovette scontrarsi con il resto della famiglia e proprio per le divergenze di idee, nel mese di novembre del 1999, l’associazione fu sciolta. Ma lui decise di proseguire dando nuova linfa all’opra dei pupi di Siracusa fondando il 3 dicembre del 1999 “La Compagnia dei Pupari Vaccaro-Mauceri”.

L’associazione è l’anello di congiunzione del passato rappresentato dai fratelli Saro e Alfredo Vaccaro, e il presente. Alfredo Mauceri, facendo leva solo sulla propria creatività e tenacia, ha presentato la compagnia e i propri spettacoli in numerosi festival e rassegne di teatro di figura in Italia e all’Estero, ponendo all’attenzione pubblica nazionale ed internazionale la tradizione siracusana. Ad oggi, l’operato di Mauceri ha condotto gli stessi a realizzare importanti progetti per il consolidamento dell’Opra siracusana, che arricchiscono il tessuto culturale della città:
Il Laboratorio, una bottega artigianale dove ancora oggi, sono costruiti i pupi tradizionali e gli oggetti di scena utilizzati durante le rappresentazioni.
Il Teatro, un piccolo gioiello nel cuore della Giudecca dove sono rappresentati gli spettacoli tradizionali dell’Opra dei pupi, dalle storie dei paladini alle tragedie greche.
Il Museo, lo spazio espositivo allestito in memoria dei fratelli Vaccaro, per divulgare e far conoscere la loro favola di cartapesta e legno.
Il centro studi che rappresenta il volano culturale della compagnia, nato per la raccolta di ogni documento utile alla ricostruzione della storia dei pupi e dei pupari siracusani.
Questa è una delle esperienze che si potranno fare durante un soggiorno all’ Algilà Ortigia Charme Hotel, Siracusa, , e quindi : lunga vita ai Pupi!
