L’età dell’esperienza
Viviamo in un’epoca fatta di “esperienze”. Non esiste colore, video, nome o jingle pubblicitario che possa vincere contro l’emozione e il coinvolgimento creati dallo sperimentare la situazione, il problema, la soluzione, la nostra reazione; tutto deve essere un’esperienza. Spopolano le installazioni “esperienziali”, gli eventi “esperienziali”, il marketing “esperienziale”, la formazione “esperienziale” ma anche il viaggio diventa “esperienziale”.
In TV pare esistano solo più programmi dove i protagonisti vengono portati a sperimentare situazioni inusuali per poter potersi conoscere meglio e trovare l’anima gemella, “nudi e crudi” o “matrimonio a prima vista”, solo per citarne qualcuno.
Videomapping, installazioni, murales, laser e sonorità diffuse, hanno animato dal 13 al 16 giugno il CVTA’ STREET FEST, il festival di Civitacampomarano uno dei borghi più antichi del Molise, integrando con linguaggi innovativi il dialogo con le tradizioni del luogo.
Al Salone Nautico di Venezia, 18-23 giugno, quest’anno, è stata “esperienziale” la visita al sottomarino Enrico Dandolo. Attraverso testi, splendide immagini e la possibilità di prove pratiche e pluri-sensoriali, se ne sono scoperti i segreti.
Le nuove proposte presentate da ENIT all’IMEX di Francoforte vedono nel turismo esperienziale la tendenza più importante del settore MICE (44,4 % degli operatori del settore).
Anche le aziende si adeguano e così fa la loro comunicazione, sia esterna che interna. Le convention sono sempre più ricche di “esperienze”, dove le persone vengono “immerse” in situazioni studiate e ricreate artificialmente, per capire come poterle affrontare al meglio. Oppure, sempre a livello di comunicazione, si sfrutta la tecnologia per ricreare ambienti in virtual reality e simulare situazioni impossibili o realizzare sogni che vanno contro le leggi della natura. Anche se l’esperienza reale, fisica, rimane comunque qualcosa di ancora irripetibile.
Nell’ambito di questi test, abbiamo provato una delle esperienze più estreme e formative destinate a piccoli gruppi: pilotare un aeromobile leggero. Confrontarsi con un elemento a noi proibito dalla natura, vincere la paura di lasciare il contatto rassicurante con il terreno e imparare a governare un mezzo meccanico tra le nuvole, le correnti e la pressione atmosferica, è qualcosa che non solo insegna molto di noi stessi ma permette di sperimentare la realtà da una nuova prospettiva; e di essere valutati in condizioni “safe” durante una missione reale, in condizioni cui nessuno (a parte i piloti) è abituato. La disciplina e l’attenzione, oltre alla responsabilità, che richiede una tale attività è formativa, la rende adatta a molti scopi: da quella aziendale, all’esperienza ludica per ragazzi con più di 16 anni (ovviamente previo assenso scritto dei genitori per i minori) o adulti; oppure come momento di test e avvicinamento per decidere se si vuole prendere un brevetto di volo.
Sono molte le strutture in Italia che offrono la possibilità di pilotare un aereo; noi abbiamo potuto vedere all’operala scuola di volo A.S.D. Icarus a Castagnole Piemonte. Immersa nella campagna piemontese, circondata da campi coltivati, ospitata nel campo volo Lelika, dobbiamo dire curato e piacevolmente accogliente, la scuola Icarus è il luogo perfetto per chi vuole provare l’emozione di decollare verso le splendide alpi piemontesi. E’ una delle poche scuole di volo, non troppo distanti da Milano, ad offrire un’esperienza della durata di 2 ore, divise in 1 ora totale di volo e due mezze ore di briefing. Maurizio Dalfino ne è il presidente oltre che pilota istruttore; lo incontri e capisci subito che è una persona gentile e paziente. Poi incomincia il brief di fronte agli 8 manager che voleranno per la prima volta, pilotando non un’azienda tra i rischi e le sfide del mercato, ma un aereo tra le nuvole. E quando Jester (nome di battaglia) comincia a parlare di aerei e di come si starà in aria, riconosci immediatamente la provata esperienza e la grande passione per il volo aereo che sa trasmettere anche a chi si approccia per la prima volta. E questo senza che debba raccontarti il suo cv come pilota civile dal 1979, fino ad arrivare alla qualifica attuale di Flight Test Observer a bordo dei velivoli Eurofighter e C27J. Sarà lui che guiderà il briefing e darà le istruzioni agli istruttori per far decollare i presenti. Cosa succede realmente? Ecco il racconto del nostro senior editor Fabrizio, che ha volato con lui.
L’aula del briefing è semplice; all’interno di un hangar, il tavolo, le sedie, il video, i modelli di aerei che serviranno a spiegare tecnicamente cosa succede quando un aereo vola: dalla gestione dei comandi, alle manovre base di condotta del volo. Un corso interessante anche solo per chi viaggia per turismo e vuole capire meglio cosa succede sul suo aeromobile da 200 o più passeggeri.
Jester comincia raccontando cos’è il volo oggi. Quanti progressi sono stati fatti e quanto l’aereo biposto che piloteranno i presenti sia in tutto simile a un grande aereo, vola con gli stessi principi; solo …in miniatura. Ma la strumentazione di base, i check pre e post volo, saranno gli stessi, nelle dovute proporzioni. Quindi tutti con orecchie tese e pronti a prendere appunti. La spiegazione è tranquilla, lineare, ma il piglio è militare. Si capisce subito che non c’è nulla da scherzare ad alcune migliaia di piedi da terra.
Poi si esce dall’hangar e le cose diventano ancora più serie. Gli aerei biancoazzurri sono pronti al decollo. Gli istruttori hanno già addosso le tute di volo, gli occhiali resi famosi da Top Gun, le tasche dei pantaloni gonfie dei taccuini e delle check list. Si arriva all’aereo e comincia il “walk around” il giro che verifica visivamente che l’aereo sia in condizione di volare, che tutto -almeno a prima vista- sia perfetto. Quindi si sale a bordo. La domanda che ti fai è come sia possibile stare in uno spazio così stretto e poter manovrare così tante cose in modo agile e semplice. In realtà, già durante il check di tutti gli strumenti, rigorosamente da sinistra a destra, si capisce che è tutto “a portata di mano” e la vera sfida sarà pilotare con dolcezza quella macchina volante che ad ogni minimo spostamento di barra o pedali, varierà assetto, altitudine e velocità.
La prossima ora infatti è infatti una vera e propria missione, dove il partecipante si mette in gioco e sperimenta la sua attitudine al volo. Un’ora dedicata alla scoperta di una nuova dimensione, un elemento, quello dell’aria, che rappresenta una sfida ancestrale. Ci si porta a casa la soddisfazione di esserci riuscito e la consapevolezza di avere ancora tanto da imparare; la conferma della capacità della mente di affidarsi ai sensi, all’istinto guidato dal cervello, alla ragione che tiene sotto controllo paure e insicurezze. Si impara a prendere decisioni rapidamente, a scegliere tra più opzioni, a definire le scelte di sacrificio: maggiore portanza o maggior velocità, altitudine, visibilità, venti e variazioni d’assetto.
Finito il check, si guarda la manica a vento e ci si mette a fine pista in attesa di decollo. Controvento. Perché volare è come ogni grande sfida: si parte sempre col vento contro, che in realtà non ti frena ma ti solleva. Un controllo finale agli strumenti, la verifica di avere i corretti parametri motore per non aver cali improvvisi di potenza, la richiesta di procedere al decollo alla torre di controllo, le informazioni su vento e visibilità. E poi il “go”. Adesso è tutto nelle mani dell’aspirante pilota. Ovvio, Jester è sul sedile di destra, con i doppi comandi pronto ad intervenire. Ma se vede che sei bravo, lascia a te, “pilota per un giorno”, il compito di far decollare l’aereo. E quindi via, si parte. Motore, velocità, pedaliera per mantenere dritto quel muso che pare voler sbandare da ogni parte della pista che si fa sempre più corta fino al comando “stacca”, imperioso, dell’istruttore. La barra verso le gambe e il muso si alza, l’aereo sale con una facilità impressionante. Con dolcezza. “Retrai i flaps e incrementa la quota” chiede Jester che osserva le manovre.
Sono 45 minuti di prove. Virate, variazioni di assetto, di velocità e quota, paesaggio di montagne che vengono incontro, il Monviso di fronte, la rocca Cavour. La confidenza aumenta mano a mano che l’istruttore dà le istruzioni. Ti senti molto fiero di te quando Jester chiama la missione d’attacco sul fiume. L’aereo scenderà e seguirà il corso del fiume. A distanza di sicurezza, ma ansa dopo ansa. Poi la domanda sbagliata: “ma questo aereo vola solo con questa tranquillità oppure può fare di più oltre alla scuola?” Ecco. La lingua è stata più veloce del cervello. Jester sorride. “Stacca le mani e i piedi dai comandi” mi dice. E segue lui il fiume. A una velocità e con virate che non immagineresti possibili. La tecnica sopraffina del pilota d’esperienza emerge quasi istintivamente mentre continuando a parlare fa compiere a quel piccolo biposto una serie di manovre che penseresti contrarie ad ogni legge della fisica. Per fortuna non patisco l’aereo; ma comunque a bordo ci sono sacchetti per le emergenze!
Poi torno ai comandi. “… Call Sign” e richiesta atterraggio approvata dalla torre. Adesso comincia il difficile. Portare giù l’aereo, allinearlo, molto tempo prima di essere sopra la pista, scendere di quota delicatamente modulando potenza e velocità, estrazione flaps e un senso di cuore in gola mai provato. “sei stato bravo; te la senti di atterrare?” chiede Maurizio. “Beh … se sei così pazzo da lasciarmi provare…” E in allineamento perfetto finalmente il carrello tocca terra. Molto ha fatto Maurizio nell’ultima fase, quella cruciale di mettere giù il muso, ma tanto è stato davvero nelle mani del pilota. Freno e arrivo a fondo pista, giro l’aereo e vado in parking. Scendo con le lacrime agli occhi perché, come diceva Leonardo nella sua infinita preveggenza, “Una volta che avrete imparato a volare, camminerete sulla terra guardando il cielo perché è là che siete stati ed è là che vorrete tornare”.
Fin qui il racconto di chi ha volato. Ma la giornata non finisce con il parcheggio.
Al termine degli atterraggi infatti, c’è la cerimonia di consegna degli attestati di “pilota per un giorno”, il certificato che dichiara che l’allievo ha realmente volato e pilotato un veivolo. E’ un attestato riconosciuto che permette a chiunque di andare in una scuola di volo e cominciare lo studio per il conseguimento della licenza di volo e poi … chissà.
Per una persona, l’esperienza è emozionante, indimenticabile. Assolutamente da provare una volta nella vita. Per un’azienda, per un manager, oltre al fascino del volo c’è il debriefing che raccoglie gli esercizi fatti, adattandoli al contesto aziendale. Chi scende dopo aver provato a pilotare, non sarà più lo stesso. Avrà capito l’importanza di check e deleghe, controlli in tempo reale e scelta della decisione più idonea. Ma soprattutto porterà nel cuore il momento magico che segue l’ordine di Jester “stacca!”, quel momento in cui sai che non puoi più abortire il take off, che adesso devi volare, sollevare l’aereo e superare quello che pensi sia l’ostacolo più grande: andare oltre alle tue paure per guardare il mondo da un’altra prospettiva.
Camilla Campora.
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