A due anni dalla scomparsa di Luciano Ventrone, artista romano, arriva a Venezia la pittura stupefacente, per alcuni iperrealistica, “più vera del vero”: le sue famose nature morte, e non solo, esposte a Palazzo Pisani Revedin fino al 16 luglio 2023.
Tra i più importanti artisti figurativi italiani degli ultimi decenni, Luciano Ventrone nasce a Roma nel 1942, dove vive e lavora. Si diploma al liceo artistico nel 1964 e si iscrive poi ad architettura, che abbandona nel 1968, decidendo di dedicarsi interamente alla pittura.
Grazie ad un articolo del 1983 pubblicato su l’Europeo, lo storico dell’arte Federico Zeri incontra l’artista, suggerendogli di affrontare il tema delle nature morte: parte così una lunga e ancora non completa ricerca sui vari aspetti della natura, catturando particolari sempre più dettagliati e quasi invisibili.

Un modo diverso di interpretare la “Natura Morta” spiega Zeri: «…In Italia essa nasce nell’ambito della cerchia e dell’opera del realismo cinquecentesco, da Michelangelo a Caravaggio, nei Paesi Bassi gli esemplari più noti furono dipinti ad Anversa da Rubens, la cui arte segnò la fine del Manierismo».
La pittura di frutta, ortaggi, mobilio ed oggetti in genere, benché già presente in epoca medievale, fiorisce in modo esponenziale sul finire del ‘500, espressione artistica della fervida curiosità naturalistica protagonista del secolo precedente e ravvivata dalle scoperte scientifiche del XVI secolo. Fu soprattutto dopo il Concilio di Trento del 1563 che la natura morta acquisì un nuovo e rinomato valore simbolico: da quella data, infatti, gli oggetti inanimati vennero ritenuti in grado di possedere un potere evocativo e devozionale.
Dalla bellezza senza tempo del quadro di Caravaggio Il Canestro di frutta, fino a Cézanne con il dipinto Natura morta con mele e arance esposto a Parigi al Museo d’Orsay a Giorgio Morandi con la sua “Natura Morta del 1953” dove il cibo non viene rappresentato, la natura morta è un genere che si è reso protagonista nella storia dell’arte occidentale.
Ma come classificare la pittura di Luciano Ventrone?
Lo spiega Luca Beatrice, curatore del catalogo e dei testi, individuando nel suo approccio e in quello antitetico di Giorgio Morandi le uniche due vie per una resa attuale, contemporanea ed innovativa di Natura Morta.
«Morandi – narra Beatrice – tiene la tavolozza bassa e spinge la pittura verso il suo grado zero, esile, magra, minimale, quasi il soggetto non esistesse più o quantomeno non gli importasse. Ventrone è, al contrario, il vertice dell’estro, del virtuosismo».
«Ventrone esagera – scrisse Vittorio Sgarbi con ragione – Di fronte ai suoi quadri chiunque resta meravigliato che mano umana riesca a produrre effetti del genere, la pittura artigianale che si mimetizza in riproduzione meccanica».

L’esposizione di 35 tele è stata promossa dalla Venice International University e dalla Fondazione Ventrone Gibilisco. È proprio Miranda Gibilisco che racconta come le foto scattate al mare siano diventate le splendide tele esposte a Palazzo Pisani Revedin e come spesso fosse proprio lei a “creare la scena” per raffigurare e dipingere le nature morte che qui vediamo. Ogni oggetto, ogni frutto viene sistemato su cesti, vasi raccolti durante i viaggi della fotografa; ogni abbinamento di colori viene studiato e fotografato per poi essere riprodotto con la pittura ad olio.
Una riscoperta attraverso il meccanismo della fotografia che filtra la nostra visione del mondo esterno, un filtro che Ventrone accentua e che serve da aiuto per svelare la realtà della natura in tutti i suoi aspetti visivi e tattili; vita, colore, trasparenza, densità. L’assillo di precisione, il miniaturismo e la sapiente chimica dei colori sono tutti ingredienti di un lavoro virtuoso che indaga sulla luce per esprimere “il mistero dell’evidenza”.
Quadri che costituiscono un’eccezione, una parentesi rispetto al tema della natura morta, in cui ritroviamo i soggetti prediletti dall’artista. I “close up”della carnale anguria, le bucce di limoni come Meteoriti, le composizioni di fiori e frutta studiate con attenzione scenografica senza alcuna contestualizzazione: il fondo deve essere sempre neutro, meglio se bianco, o nero o grigio appena accennato.
I titoli, scelti spesso da Miranda Gibilisco aprendo a caso pagine di libri della loro fornita libreria e lasciandosi ispirare, sono a volte descrittivi, a volte evocativi, come i limoni spaccati appoggiati su una roccia intitolati: Gita a Tindari; i cachi diventano Viaggiatori, il cestino ricolmo di noci, nocciole, mandorle evoca Dolci presagi.
Luca Beatrice afferma … «E’ innegabile la matrice, attribuita in passato a Ventrone dalla critica, delle nature morte caravaggesche, secentesche e barocche, ma l’approdo a queste opere è certamente contemporaneo. Senza la fotografia, il cinema, il video la pittura non sarebbe mai arrivata ad essere ancor più vera del vero, dimostrando che la mano umana può raggiungere vertici di precisione infinita».
Ed è proprio questa la sensazione che si ha visitando le sale di Palazzo Pisani Revedin, ingresso gratuito dal martedì alla domenica: un’esplosione di gioia, luce e colori.
Tutto sembra reale, non dipinto: sembra di poter cogliere dai cesti quella frutta, sembra di sentire il rumore del mare e vedere lo spumeggiare delle onde, sembra di sentire il profumo dei fiori appena raccolti e deposti nei vasi ….. non natura morta, bensì pittura viva!
di ELENA VOLPATO