A quasi 24 ore dalla comunicazione non istituzionale di Conte di ieri notte, il Presidente del Consiglio finalmente ha dato seguito alle sue dichiarazioni notturne firmando il documento che spiega quali attività possono proseguire. E così, finalmente, tutti possono sapere se potranno o dovranno andare o meno al lavoro domani. E dove gli italiani imparano che le sigarette sono un elemento fondamentale della loro vita e una delle attività ritenute essenziali.
Questo ritardo tra parola e azione pone un problema importante al Presidente del Consiglio che si ritiene il novello Churchill: quello di imparare -e in fretta- a comunicare in funzione del suo ruolo: quello di Presidente del Consiglio, che non può in alcun modo usare i social per comunicazione ufficiali perché non tutti ne dispongono e perché il suo ruolo, istituzionale appunto, deve usare metodi istituzionali.
Non è pensabile che siano i telegiornali a rilanciare le dichiarazioni social. Al massimo è il contrario. Non è logico che un media personale, Facebook, diventi lo strumento con il quale un Presidente del Consiglio parla alla nazione. Altrimenti tra poco arriveremo ai “ehi bella zia, ricordati che domani non si lavora!” mandati su Whatsapp dal portavoce del Presidente. Non è logico che manchi un contraddittorio con i giornalisti che vengono, di fatto, estromessi dalla possibilità di fare il loro lavoro e dare notizie facendo domande dirette.
Il ruolo del Presidente impone il rispetto delle modalità di comunicazione. Non ci resta altro ormai. In un momento in cui il Parlamento ha delegato le proprie funzioni, in cui non si riunisce da giorni, in cui chi critica è visto come un distruttore della Repubblica, in cui la maggioranza ripete come un mantra che verrà un tempo per le critiche ma adesso bisogna appoggiare le decisioni del governo, che almeno il Presidente del Consiglio rispetti la dignità delle persone a cui parla.

Manca tutto in questo momento. Mancano gli strumenti per combattere il virus (tamponi, mascherine, ventilatori), mancano i medici mai inseriti a sistema, mancano i posti negli ospedali, mancano le misure concrete e definite per ridurre i contagi, mancano le decisioni condivise (e infatti le Regioni fanno ognuna per sé), manca la speranza in un domani perché nessuno dà risposte concrete a parte il conteggio quotidiano di morti e contagiati di un Borrelli ormai noioso anche a sé stesso, manca una strategia condivisa, manca la certezza di una task force che dia fiducia, come dovrebbe essere, a una nazione che si attende da chi la governa una logica e una strategia per uscire da un periodo gestito con troppa facilità o superficialità. Non dimentichiamoci infatti che il 27 gennaio Conte diceva “siamo prontissimi a gestire l’emergenza” con i risultati di oggi, sotto gli occhi di tutti. E allora, in un momento così drammatico, il Presidente del Consiglio che si è autonominato uomo forte e unico, faccia almeno quello che ci si attende da lui: rispetti l’Istituzione che rappresenta visto che non lo fanno neppure i suoi ministri (vedi Boccia) che vanno in tv a fare i buffoni di corte scherzando sulla mancanza di mascherine in conferenza stampa mentre la gente muore e non vengono neppure dimessi in diretta e allontanati dalla Casa del nuovo Grande Fratello.
Parli dopo aver scritto le norme e, giuste o sbagliate che siano, le comunichi in modo istituzionale attraverso mezzi istituzionali e non con metodi da reality televisivo. Cerchi, per quanto possibile, di comunicare fiducia; perché è questo che la popolazione chiede: un segnale chiaro di una rotta precisa e non smentita ogni tre giorni. Impari a comunicare attraverso messaggi univoci, si prenda responsabilità chiare e nette senza pensare al suo tornaconto prossimo elettorale. Perché in questo momento appare più preoccupato di perdere dei like sulla sua pagina che di dare un segnale di competenza e di rispetto del suo ruolo.