Il Trentino Alto Adige: piccola storia triste di Jj4.
Maurizio Fugatti. Ovvero c’era una volta un uomo inadeguato; che purtroppo c’è ancora. E la sua inadeguatezza, insieme alla sua ira funesta, alla finta rigidità, al celodurismo da frasi di propaganda, lo ha portato per qualche caso strano, ad essere eletto presidente del Trentino Alto Adige.
La regione sarebbe anche bella. Ne abbiamo parlato ancora ultimamente nel nostro blogzine. Grandi boschi, grotte, cibo eccelso, montagne meravigliose, piccoli laghi che il mondo invidia e finiscono sulle cartoline come esempi di paesaggio unico (non per nulla è chiamata la Finlandia d’Italia), e animali selvatici.
Strano a dirsi, gli animali del Trentino Alto Adige, vivono nei boschi. Qualcuno c’era, qualcuno è stato importato e purtroppo non controllato, qualcuno è scappato nelle regioni o nelle nazioni vicine, qualcuno continua ad alimentare una meravigliosa biodiversità che rende orgogliosi di avere una flora è una fauna particolarmente varia.
3 grandi Parchi Nazionali Naturali, Aree Protette e comunità montane che da sempre convivono con una natura dura e selvaggia. Questo è il Trentino Alto Adige. L’equivalente di Yellowstone e Sequoia degli Stati Uniti. Non per nulla, estate e inverno, la regione è una delle mete più invidiate e frequentate d’Italia.
Trentino Alto Adige: sarebbe un paradiso.
Un paradiso? No. Perché c’è un signore, che definirlo tale è un complimento, che per qualche miracolo della vita è riuscito a farsi eleggere Presidente della Regione. È un leghista senza macchia e senza paura. Uno che mangia carne d’orso e se ne vanta. Uno che tiene in mano il fucile come esempio di machismo e di stile Clint Eastwood. In fondo ogni uomo ha dei modelli. Se poi corrispondano alla realtà non è importante. La comunicazione e le veline di partito faranno il resto e creeranno la storia.
E così, Fugatti riesce ad essere eletto. E comincia a fare quello che fanno molti politici quando non fanno i propri interessi: nulla. Non controlla la situazione flora e fauna, non si interessa ai collari di segnalazione dei percorsi degli orsi, non si cura di sapere cosa succede nei boschi e nelle valli, non conosce il progetto di ripopolamento Ursus, fino a quando un caso drammatico e disgraziato non lo tocca: muore un ragazzo che correva nei boschi, ucciso da un orso sfuggito al controllo.
E qui, a Fugatti non pare vero di poter godere di un po’ di immeritata popolarità. Colto alla sprovvista dal fatto che gli orsi possano scorrazzare liberi fino ai cortili di casa, decide di imbastire una campagna di comunicazione che testimonia il valore del silenzio, ovvero: se stava zitto e cercava le soluzioni invece della visibilità e degli insulti social, era meglio.
E invece no. Spinto da un incontenibile desiderio di luce impropria, incomincia la caccia all’orso che manco i RIS con gli omicidi seriali o i Carabinieri con i ricercati di mafia. Al suo confronto scompaiono le azioni dei Navy Seals e in poche ore trova la colpevole: un’orsa che aveva già colpito. Un bersaglio facile.
Immediatamente c’è la prova del DNA. L’orsa improvvida ha agito frettolosamente, lasciando sul terreno tracce inequivocabili e si è fatta scoprire. Ha graffiato senza mettersi i guanti, ha morso senza lavarsi i denti, lasciando tracce organiche ovunque.
Per Fugatti è facile intervenire. Invece di pensare a come gestire la situazione orsi (per altro la richiesta viene anche dal povero padre della vittima che non chiede l’uccisione dell’orsa ma una verifica di come gli animali debbano e possano interagire con la comunità montana e azioni conseguenti -unica voce intelligente nella vicenda e per questo ignorata da Fugatti che il cervello lo ha sostituito con un facile grilletto e un mirino più o meno di precisione) lui pensa alla caccia e allo sterminio.
Prima di un orsa, la famigerata Jj4, poi di 5 orsi. Anzi, no meglio, 50. È ormai preda di una foga omicida sempre più grande, 70. Come Hitler nel “grande dittatore” di Chaplin che gioca con il mondo. Lui gioca con la vita degli animali. Tanto è semplice. Nessuno lo metterà in galera per omicidio e sfogherà un po’ di ira repressa, di complessi di inferiorità rispetto al ruolo. E con la grinta e la spietatezza dello sceriffo feroce, chiuderà la piaga degli orsi.
Per fortuna la Lav e il tribunale del Tar pongono un freno alla sua irrequietezza e alle sue crisi e fermano le esecuzioni decretando che forse si possono trovare altre soluzioni prima di abbattere gli animali. E in Lav lanciano una petizione che ha già raggiunto 216.000 firme contro l’abbattimento. Ma lui fa ricorso. Non gli pare possibile gli tolgano il suo giocattolo e gli contestino una sua decisione d’imperio.
Come finirà per ora non è dato saperlo. Intanto però, oltre alle petizioni da firmare presso la Lav per fermare la caccia indetta da un piccolo uomo ertosi a giudice etologo dopo una laurea in scienze politiche e un diploma di perito agrario con specializzazione in enologia (solo perché non gli avevano spiegato che non era un corso che forniva una scusa per bere ma si studiavano i vini), ci sono piccole cose che tutti possono fare.
Lo so, significa fare rinunce, perché il Trentino Alto Adige non merita un boicottaggio. Ma bisogna chiedere le dimissioni di un uomo inadeguato che agisce per vendetta contro gli animali al fine di mascherare la sua incompetenza nel gestire il problema. E allora si. Fino a che cercherà di uccidere gli orsi, #boicottailtrentino sarà un hashtag che mi sento di appoggiare.
Se gli si tolgono i soldi del turismo, magari tornano a ragionare tutti e pensionano un piccolo uomo con un ego immotivato.