Antoine de Saint-Exupery
El Faro, il risorante

UN WEEK END NELLA SARDEGNA DI ANTOINE DE SAINT-EXUPERY

(quello del “Piccolo principe”, ma non solo)

Antoine de Saint-Exupery  scriveva: “Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata in loro questa sete si metteranno subito al lavoro

Per un week end quando l’estate lascia il posto all’autunno, è utile un posto facile da raggiungere ma, al tempo stesso, immerso nella natura, nella tranquillità che solo il mare settembrino della Sardegna regala. All’interno dell’Area Marina Protetta, a soli dieci minuti dall’aeroporto di Alghero, di fronte allo scoglio di Capo Caccia, sta un’oasi di pace: l’Hotel El Faro.

Fa ancora caldo e alcuni gatti, sul parcheggio esterno, si crogiolano al primo sole della mattina. Parcheggiamo la modesta cinquecento noleggiata vicino ad un’esuberante, ma non sfacciata, Porsche con targa teutonica. Due gradini in pietra ed un elegante cancello ci separano da un sentiero ai lati del quale una curatissima vegetazione mediterranea ci anticipa che la scelta è stata giusta.

Alla reception ci accolgono con il sorriso; nella spaziosa hall una vetrata si affaccia sul mare. L’istinto sarebbe quello di sprofondare in uno dei bianchissimi divani ma ci accompagnano subito nella nostra stanza. Dalla grande finestra e, dalla terrazza con vista sul faro di Capo Caccia, entrano i profumi dei pini marittimi che sbucano dai fitti cespugli di mirto, salendo intricati fino al cielo. Alcuni sembrano dei lunghi ombrelli. Sembra un quadro di un pittore inglese dell’ottocento. Proprio lì sotto, non lontano dalla nostra camera, Antoine de Saint-Exupery si affacciava a guardare il mare e a sognare. Lo stesso mare l’ha inghiottito con il suo aeroplano, forse mentre rivedeva la sua “rosa”: una rosa diversa da tutte le altre.

Antoine de Saint-Exupery
Il Faro di Capo Caccia, photocredit Gianni Careddu

Sembra di vederlo mentre, appena fuori dal grande portone verde della bassa casetta bianca, con due finestre e la torre di mattoni rossi, guarda l’acqua cristallina di Porto Conte. Pare di sentirlo parlare con i suoi amici aviatori mentre arrostisce il pesce che mangiavano tutti assieme sul grande tavolo di marmo tondo, di fronte a Capo Caccia. Era il 1944 e solo l’anno prima, le bombe avevano distrutto Alghero. Era atterrato, nel mese di maggio di quell’anno, all’aeroporto di Fertilia, lo stesso sul quale ora atterrano i voli turistici.

Sul suo Lightning P38 sorvolava il mare e, in volo, annotava a matita i suoi pensieri.
Tutti conoscono Antoine de Saint-Exupery per il suo “Piccolo principe”, scritto solo un paio d’anni prima invece, da quando iniziò a volare appena ventenne, cominciò a scrivere. Volava e le ali dell’aereo si fondevano col suo corpo, con la sua mente, sostituendo quelle che avrebbero dovuto essere le sue ali d’angelo. Corriere del Sud, Volo di notte, Terra degli uomini, Pilota di guerra e, in seguito, dopo il suo capolavoro, La Cittadella.

Antoine de Saint-Exupery compì il suo ultimo volo il 31 luglio del 1944 (aveva appena compuito, il 29 giugno, 44 anni) quando si inabissò al largo di un’isola disabitata a sud di Marsiglia. Chissà quante volte, volando, quello spazio di mare tra Alghero e Marsiglia, gli era sembrato piccolissimo.

Antoine de Saint-Exupery
Il Piccolo Principe

Il sole è quasi allo zenith, scendiamo al mare. Sugli scogli, all’ombra di bianche tende, è bello adagiarsi sul lettino a picco sul mare. Mi raccontano che, non distante, c’è un museo dedicato alla vita di Antoine de Saint Exupery, ma in quei giorni è chiuso. Peccato.

Torna alla mente, ancora una volta, il suo ultimo volo e il cielo si annuvola e, da Alghero, in lontananza, arriva un temporale. Saliamo con il sorriso in faccia che in genere porta l’allegria di un acquazzone estivo e ci ripariamo al bar sotto la tettoia. La pioggia scroscia allegra e rimbalza sull’acqua della piscina. Il personale è gentile, attento, sorridente. Un Club Sandwich accompagna il sole che fa nuovamente capolino.

Prima di cena, è interessante parlare di liquori, cocktails e bitter con Nicola, il barman, che prepara un suo ottimo aperitivo.

Ceniamo sulla terrazza e Paolo, l’attento maître, suggerisce i piatti della tradizione sarda: panadas, culurgiones e l’immancabile maialetto arrosto che accompagniamo ad un ottimo Vermentino.

Antoine de Saint-Exupery
El Faro, l’ingresso fra bouganville e alberi

La luna è alta, sopra il faro di Capo Caccia. Alcune nuvole, sbiancate dalla luce riflessa sul mare, rendono l’atmosfera ancora più tranquilla. Marina Mameli, la direttrice di questo splendido albergo ci dà il benvenuto e, mentre lo fa, traspare il suo sincero entusiasmo. Ci racconta dell’albergo, del Parco Protetto dove è stato costruito integrandosi perfettamente nel paesaggio, senza disturbarlo. Parliamo della sua terra: la Sardegna.

Durante la mia carriera, ho diretto molti splendidi alberghi, alcuni, come El Faro, sul mare dove in estate i ritmi lavorativi sono, a volte, estenuanti. Marina e il suo staff sorridono. Mentre parliamo, il suo sguardo controlla discretamente che i suoi clienti ricevano le migliori attenzioni. I suoi collaboratori sono a proprio agio e il mio occhio esperto capisce che riescono ad anticipare le richieste degli ospiti, la chiave dell’accoglienza superiore.

In camera, con la finestra aperta per godere della brezza del mare, ci si addormenta accompagnati dal canto delle ultime cicale.

Di prima mattina, la colazione servita sulla splendida terrazza dell’albergo è il miglior inizio e la vista rende ancora più saporito il cibo del curatissimo buffet.

Un plauso a Marina, in questi tempi di approssimazione!
Ha saputo risvegliare, nel suo team, “la nostalgia del mare lontano e sconfinato” coinvolgendolo nella sua passione per questo bellissimo mestiere.

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