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Islas de los Uros en el Lago Titicaca.

Il Perù Alla Biennale di Venezia 2025: “Living Scaffolding”

Sul lago Titicaca, il più alto del mondo a 3812 metri s.l.m., fra Perù e Bolivia, ci sono isole galleggianti abitate dall’etnia Uros. Da qui al cuore dell’Arsenale di Venezia, il Perù porta alla Biennale un’installazione che celebra l’intelligenza collettiva, l’architettura ancestrale e il legame profondo tra uomo e natura.

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Isole flottanti degli Uros sul lago Titicaca © Pilar Olivares PROMPERU

Il Perù degli Uros e del Titicaca a Venezia

Il Perù presenta “Living Scaffolding” alla XIX Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, un padiglione che nasce tra le acque leggendarie del Titicaca e invita il mondo a scoprire l’intelligenza naturale e collettiva delle sue comunità ancestrali. C’è un luogo, lassù, dove la terra galleggia, le case respirano e l’architettura si intreccia con la natura in un equilibrio millenario.
Sono le isole galleggianti degli Uros, nel cuore del Lago Titicaca, custodito nella Regione di Puno.
Ed è proprio da qui che parte il viaggio del Perù verso la Biennale Architettura 2025.

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Casa e corte comune Isole flottanti degl Uros ©-Gihan Tubbeh PROMPERU

Gli Uros, una comunità millenaria che ha imparato a vivere in armonia con uno degli ecosistemi più straordinari del pianeta, il Lago Titicaca, sulle loro celebri isole galleggianti, intrecciate a mano con la totora, pianta endemica delle sue acque, non sono solo luoghi da abitare, ma vere e proprie opere collettive, in equilibrio tra natura, ingegno e spiritualità.
Costruite e rigenerate ciclicamente, le isole incarnano una visione dell’abitare che sfida il tempo e le convenzioni: ogni casa, ogni barca, ogni luogo sacro sembra emergere dall’acqua come parte viva del paesaggio.

Visitare gli Uros è un’esperienza davvero permeante e toccante: si può dormire sotto il cielo stellato insieme alle famiglie locali, partecipare alla raccolta della totora o assistere a rituali ancestrali.
È un’immersione autentica in una cultura che ha fatto della collaborazione fra i componenti la comunità il suo pilastro.

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Uro al lavoro © Pilar Olivares PROMPERU

Da questa realtà sospesa nasce “Living Scaffolding”, la proposta del Padiglione del Perù alla Biennale Architettura 2025, curata dall’architetto Alex Hudtwalcker con Sebastian Cilloniz, José Ignacio Beteta e Gianfranco Morales, e selezionata attraverso un concorso curatoriale promosso dal Patronato Culturale del Perú (Pacupe). Il progetto nasce dall’incontro tra due eccezionali tradizioni del Lago Titicaca: da un lato, l’arte degli Uros, maestri delle isole galleggianti intrecciate a mano; dall’altro, la sapienza nautica del popolo Aimara, abile nella costruzione di imbarcazioni in totora capaci di affrontare l’oceano.

Emblematica è la Spedizione Uru del 1988: un gruppo di esploratori, guidato dallo spagnolo Kitín Muñoz, salpò da Callao su un’imbarcazione in totora di 20 metri, diretto verso la Polinesia.
Sebbene interrotta da un uragano, l’impresa rafforzò l’ipotesi di antichi legami tra Sud America e Pacifico. Living Scaffolding è un omaggio a queste imprese straordinarie: simbolo di un sapere che resiste, si tramanda, diventando organismo collettivo, radicato nella memoria ancestrale e orientato al futuro.

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Isola flottante degli Uros dal lag @PROMPERU

L’installazione, pensata come esperienza sensoriale e riflessiva, reinterpreta le isole degli Uros come architettura viva e in continua trasformazione. L’antica tecnica di intreccio della totora diventa simbolo di una costruzione collettiva, effimera e sostenibile, capace di generare connessioni profonde tra ambiente, cultura e comunità. In un mondo che cerca nuove forme di abitare, il padiglione peruviano, sotto la curatela dall’architetto José Orrego, offre uno sguardo radicale e poetico su ciò che possiamo imparare da chi, da secoli, costruisce insieme per restare a galla. In dialogo con il tema di questa edizione della Biennale,

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Team curatoriale. Da sinistra a destra Alex Hudtwalcker, Gianfranco Morales, Sebastián Cillóniz, José Ignacio Beteta. Foto Jorge Cerdán. © PUCP

“INTELLIGENS. NATURAL. ARTIFICIAL. COLLECTIVE.”, il padiglione peruviano esplora, infatti, la connessione tra sapere tradizionale e sostenibilità, tra cultura materiale e spiritualità. Attraverso un’imponente impalcatura in legno — che richiama le imbarcazioni transoceaniche degli Aimara, le strutture subacquee delle isole degli Uros e le palafitte di Venezia — il visitatore sarà invitato a immergersi “sotto la struttura”, in uno spazio che evoca le fondamenta invisibili su cui si reggono non solo le architetture, ma le civiltà stesse.

Accanto all’installazione fisica, il padiglione ospita contenuti audiovisivi realizzati direttamente sulle rive del Lago Titicaca, con immagini delle isole galleggianti, interviste ai maestri artigiani e ai custodi di un sapere antico che continua a vivere e innovarsi. Un invito, questo, a scoprire il Perù con occhi nuovi: non solo come destinazione, ma come fonte inesauribile di ispirazione. Il padiglione peruviano è anche un ponte verso il viaggio. Chi visita la Biennale, infatti, sarà ispirato a partire alla scoperta dei paesaggi sospesi del Lago Titicaca, ad avventurarsi tra le comunità locali, a vivere esperienze autentiche come la costruzione delle isole di totora, le cerimonie ancestrali e la tessitura rituale.

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La spedizione Uru guidata da Kitin Muñoz, 1988. La zattera di canne di totora in navigazione nell_Oceano Pacifico verso la Polinesia francese. Foto Eric Frattini. Collezione privata.

Dopo Venezia, l’esposizione verrà ricreata in Perù nel 2026, accompagnata da un ciclo di conferenze e attività aperte al pubblico, rafforzando il legame tra cultura, architettura e turismo consapevole. Un invito a scoprire il Paese attraverso le sue radici più profonde. Dalle acque sacre del Titicaca agli spazi espositivi di Venezia, il Perù racconta un’architettura che diventa gesto collettivo, rispetto per l’ambiente, e continuo dialogo tra passato e futuro.

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