Evolutosi sia per uomini che per donne nel corso dei decenni, il costume da bagno è protagonista delle giornate estive sulle spiagge, italiane o estere, pronto a mettere in evidenza il nostro aspetto fisico.
Siete pronti per la prova costume?

Un’evoluzione che parte da lontano, quella di questo particolare capo di abbigliamento estivo. Pensate che in Sicilia, a Piazza Armerina, esiste un mosaico romano del III sec. d. C., raffigurante una dozzina di donne che giocano abbigliate con indumenti assomiglianti in modo inconfondibile al moderno bikini!
Dal costume da bagno al bikini, il passo non è breve
Immergersi in mare non era frequente nell’antichità, si preferivano le abluzioni alle terme generalmente svestiti, eccezione fatta per qualche mise da bagno femminile, documentata fin dal 1400 e caratterizzata da corpetto con spalline e gonna, a volte completata da un turbante.

La moda dei bagni si diffuse a Parigi nel 1750, in virtù della voglia di viaggiare per godere delle benefiche proprietà dell’acqua di mare: per queste occasioni fu creato per le signore un abito in tela spessa da marinaio con corpetto e calzoni, spesso coperti da una grande gonna che a contatto con l’acqua si gonfiava come un pallone.
A partire dal XIX secolo le donne cominciarono ad immergersi in mare avvolte in abbondanti mantelli chiusi al collo ma brevi esposizioni al sole, per scopi terapeutici, vennero consigliate dai medici solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. I costumi da bagno erano caratterizzati da pantaloni gonfi al polpaccio, completati da un abito lungo fino al ginocchio, stretto in vita e dalla gonna ampia.

Le calzature, sopra alle lunghe calze nere, erano scarpine allacciate, e il capo era protetto da cuffiette. Nel XX secolo una piccola svolta: il medico Niels Finsen vince nel 1903 il Premio Nobel per la medicina per la sua terapia della luce, che utilizzava la luce solare per combattere le malattie generate dalla mancanza della vitamina D convincendo sempre più persone ad esporsi al sole per motivi di salute. L’immagine culturale dell’abbronzatura, da sempre denigrata soprattutto dalle classi più agiate, cambiò direzione. Si diffuse la moda della villeggiatura al mare, affiancata a quella tradizionale in campagna: nacquero i primi stabilimenti balneari e città come Rimini, Viareggio e il Lido di Venezia divennero famose.

Si diffuse la cultura dei bagni di sole e di mare e quella della cura del corpo, che consigliava di praticare attività sportive all’aperto con abbigliamenti adatti, pratici e comodi.
Il film Morte a Venezia di Luchino Visconti è un perfetto esempio della realtà della prima decade del ‘900, ritraendo una nobiltà che iniziava a seguire la moda delle vacanze al mare sia per il benessere fisico sia come attività di svago.
Nel 1913 Carl Jantzen inventò il primo costume a due pezzi, formato da un pantaloncino a metà coscia, una canottiera e una cintura, il tutto coordinato da una cuffia da bagno ed un paio di calzettoni. Con l’arrivo degli anni ‘20, il costume da bagno subì un’ulteriore evoluzione, diventando più aderente, corto e colorato. Le scollature si ampliarono e i lembi di pelle non coperti aumentarono coinvolgendo i primi sarti e designer che sperimentano nuove stoffe, come la seta ad esempio, per la realizzazione di modelli più eleganti e raffinati.
Nel 1946 appare il primo “bikini”ad opera dei due sarti francesi più influenti dell’epoca, Jacques Heim e Louis Reard. A causa delle sue dimensioni, Heim soprannominò questo capo “atomo” e lo pubblicizzò di conseguenza con lo slogan “il costume da bagno più piccolo del mondo”, mentre Louis Reard decise di chiamarlo poi “bikini”, presentandolo al pubblico per la prima volta il 5 luglio 1946 all’intero della piscina Molitor di Parigi.
Il termine “Bikini” si ispirò a un atollo nelle isole Marshall, che gli Stati Uniti avevano scelto come bersaglio per testare le loro bombe atomiche: l’importanza di questo tipo di costume da bagno, a detta di Reard, era tale da rivaleggiare con l’evento in questione, considerato una bomba metaforica nel campo della moda dell’epoca. Ci vollero però un po’ di anni perché questo capo di abbigliamento venisse apprezzato e amato.
A giocare un ruolo importantissimo nella sua ascesa all’olimpo dello stile furono attrici e modelle d’oltre confine, come Jayne Mansfield e Raquel Welch, Brigitte Bardot e Ava Gardner, passando per le italiane Sophia Loren e Gina Lollobrigida, senza dimenticare il mito di Marilyn Monroe: le dive di Hollywood esibivano il nuovo due pezzi come un oggetto di ordinaria venerazione femminile.
Più succinto dell’antenato costume disegnato da Jacques Heim, che pochi anni prima aveva immaginato l’Atome, il nuovo bikini fu poi consacrato sul maxi-schermo nel 1962 da Ursula Andress, nelle vesti di Honey Ryder, la prima Bond girl nella pellicola d’esordio dei film di James Bond. Tra gli anni 60/70, con l’introduzione della Lycra nel 1958 ,diventò il costume alla portata di tutti.
E gli uomini? Anche il costume maschile subisce piccole evoluzioni nel tempo. Nel primo ventennio del ‘900 niente petto in vista e righe alla marinara: una tuta/ costume in lana, molto attillata che si separa in un due pezzi intorno agli anni 20: canotta con maniche a giro, lunga oltre il bacino e shorts abbinato.
Nel successivo ventennio aprono le piscine pubbliche e l’ideale di uomo è quello del supereroe: fisico atletico e slanciato, in mostra pettorali e addome. Il costume, in lastex, diventa sempre più corto iniziando ad assumere le sembianze dei classici boxer per arrivare agli slip negli anni 70/80, per ritornare ad uno shorts più largo e confortevole in nylon dagli anni 90 in poi.
Nell’estate 2024 la moda mare femminile offre motivi esotici e colori che si ispirano alle sfumature rosso arancio dei tramonti e al verde azzurro del mare mentre, per gli uomini, cavalca tendenze e tipologie già viste l’anno scorso, con alcune variazioni per quanto riguarda i costumi da bagno firmati. Allora, siete pronti a tuffarvi? Buone vacanze!
elena volpato
elena volpato