Palazzo Loredan-Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti di Venezia, dal 15 dicembre al 18 febbraio 2024, ospiterà una nuova serie di dipinti di Davide Battistin che, rivelazione agli inizi del nuovo millennio, è divenuto in questi anni testimone ricercatissimo della città, evanescente e profondamente reale nel sentire dei veneziani. Il tutto con l’organizzazione di Lineadacqua.

Davide Battistin da Venezia a New York sulle ali del successo
Nato a Venezia nel 1970 e diplomatosi nel 1998 all’Accademia di Belle Arti con una tesi su Guglielmo Ciardi, vince nello stesso anno una borsa di studio alla School of Fine Arts di Atene. Alcune esperienze di restauro degli anni novanta, tra cui nella sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, lo portano a riflettere in maniera diretta e tangibile sulla tecnica della pittura, materia che insegna dal 2004 alla Scuola Internazionale di Grafica di Venezia.
Alla sua prima personale nel 2001 alla Galleria Pelar di Long Islad-New York, segue una mostra a Palazzo delle Prigioni Nuove a Venezia ed è dal 2003 tra gli artisti invitati dalla galleria W.H. Patterson di Londra per l’iniziativa Venice in Peril.
Nel 2022 i suoi dipinti sono anche stati scelti per le scenografie dell’opera lirica La Gioconda rappresentata al Teatro alla Scala.

Un artista che per questa mostra si ispira alle origini della città, alle sue acque paludose e agli isolotti a pelo d’acqua da cui i veneziani vollero “lanciarsi alla conquista del mondo”, perché è “nella stra-ordinarietà della sua genesi” che risiede la sua forza immaginifica. Sono la laguna e l‘acqua le protagoniste solitarie delle tele esposte.
I giochi di luce cercati negli specchi d’acqua, l’essenzialità delle pietre ridotte anch’esse a sfumature di luce esprimono la profondità e la non-ordinarietà di ciò che cattura lo sguardo. Volutamente non rappresentata nei quadri è l’umanità, che oggi più che mai attanaglia e sovrasta la città divenuta emblema della fragilità del mondo intero. ”Battistin – scrive Luca Zentilini che cura l’esposizione – dipinge una città virginale, senza tempo, immersa in atmosfere a volte apocalittiche, luci spettrali che ne accentuando l’incanto. I suoi dipinti sono un ode alla bellezza ma anche un monito a tutti noi su quanto e cosa siamo disposti a fare per tutelare il mondo in cui viviamo”.

L’artista “mai intimorito dal peso potenzialmente opprimente delle infinite descrizioni visive della città lagunare” – osservava Ian Warrell – estrae con la sua pittura “l’essenza stessa della materia di cui è fatta Venezia” e mostra nella luce e nel colore la “quintessenza della scintilla creativa di un popolo che illuminò l’umanità per un millennio”.
Lo studio di Davide Battistin, dopo essere stato ospitato per anni all’ultimo piano di Palazzo Papadopoli sul Canal Grande, si trova ora nel sestiere di Cannaregio, nella mansarda di un antico palazzo veneziano, con le finestre che si affacciano sul tetto della magnifica chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Da queste finestre prende tutti i giorni l’ispirazione per dipingere la luce di Venezia, ricercando scrupolosamente la perfezione. Vuole catturare quei momenti magici della giornata in cui la luce del sole invade la laguna, i canali e le facciate dei palazzi, luce che solo a Venezia si riflette in così tanti modi diversi, creando infinite emozioni, ogni volta differenti.
Nei suoi quadri si percepiscono i brividi di un freddo mattino d’inverno, con la luce in lontananza, filtrata dalla nebbia; il caldo del sole torrido che tramonta dietro ai palazzi del Canal Grande e colora le sue acque di un rosa denso e romantico. E’ un lavoro quotidiano e costante il suo, un insegnamento tramandatogli dal padre operaio e accompagnato dalle parole di un anziano pittore da lui conosciuto che suggeriva: “tu devi restare lì, tutto il giorno, a lavorare, perché se si accende la luce e sei uscito hai perso l’attimo”. Davide Battistin lavora a olio, con pochissimi colori e senza trucchi.

«La mia unica sperimentazione è legata al tentativo costante di aumentare la materia: amo la superficie pittorica, credo molto nella pelle delle cose. Così è per il quadro: potendolo toccare, mi piace capire di cosa è fatto. Mentre dipingo ascolto musica di vari generi, mi accompagna. La scelta è sempre diversa. Funziona come con i colori: in certi periodi il verde non riesco proprio a farlo. Vado a stagioni anche con la musica”. In Battistin la pittura dialoga con altre arti, la musica ma anche la letteratura. Ho dipinto un quadro che si chiama Caronte, come il vaporetto che va dalla Giudecca alle Zattere.
Un giorno, mentre ero con mia figlia e non potevo dipingere, è apparso nella nebbia: sono tornato in studio e ho provato a inventarmelo, ho fatto una barca strana con una luce nella nebbia. L’ho fatto vedere a un amico che subito mi ha chiesto: hai mai letto Le bateau ivre di Rimbaud? Io ho sempre cercato immagini nella letteratura, ma amo ancora di più quando un mio quadro ricorda qualcosa a qualcun altro”. Così, ammirando il dipinto di una Venezia immersa nella luce e nel colore, i nostri pensieri e le nostre emozioni possono arrivare ovunque, tra le pagine di un libro, oppure nelle note di una canzone».

Un dipinto di Davide Battistin è un sogno fatto di colori stesi su tela.
Genesis è un’affermazione di forza e armonia, ma anche di profonda inquietudine per i violenti turbamenti che minacciano l’integrità della comunità veneziana.
L’Istituto Veneto di Scienze lettere ed Arti, da sempre in prima linea nella difesa di Venezia e del suo ambiente lagunare diviene dunque luogo volutamente scelto per una mostra di straordinaria suggestione – accompagnata dalla musiche originali di Alvise Saggi polistrumentista e compositore di musiche per film e documentari e Michele Bonivento, anch’egli compositore, sound designer ed eclettico arrangiatore – che ci richiama tutti al tempo della consapevolezza e delle responsabilità.