Uno dei più bei palazzi di Venezia ospita l’esposizione dell’architetto e fotografo Max Farina che ci accompagna alla scoperta delle immagini riprodotte in un’installazione video composta da 78 monitor con oltre 10mila scatti, simili a puzzle, dove i vari pezzi compongono un paesaggio perfetto e instabile allo stesso tempo. Al Fondaco dei Tedeschi, sino al 7 aprile 2024, in collaborazione con la San Polo Art Gallery.

Max Farina: al quarto piano del Fondaco dei Tedeschi
È il quarto piano del palazzo ad ospitare l’esposizione, dal quale si accede anche alla meravigliosa terrazza visitabile su prenotazione: i tetti di Venezia e l’acqua del Canal Grande, il ponte di Rialto, presenti negli scatti di Massimiliano Farina, appaiono in tutto il loro splendore. Un edificio rinascimentale restaurato in maniera sublime, sede di importanti mercanti del nord Europa per la “Serenissima” poi, in tempi più recenti, delle poste centrali di Venezia, perfetto per il tema “The Rivus Altus Cronorama”.
Ma da dove deriva la parola “fondaco”?
Dall’arabo funduq, e indica un albergo-magazzino: i mercanti giunti in laguna, venivano fatti alloggiare nei vari fondachi della città per dormire e commerciare. Al piano terra c’era solitamente il magazzino, mentre ai piani superiori c’erano 200 stanze dove i mercanti mangiavano e dormivano.

Data l’importanza dell’edificio, la Serenissima chiamò due tra i principali artisti dell’epoca per abbellire il palazzo: Giorgione e Tiziano. Vennero creati degli affreschi allegorici per esaltare l’indipendenza e la potenza della Repubblica dall’imperatore Massimiliano I: Giorgione si occupò di affrescare la facciata che dava sul Canal Grande, mentre Tiziano si trovò sulla parte laterale.
Acquistato dalla famiglia Benetton nel 2008, dopo un lungo restauro fatto dallo studio olandese Oma dell’architetto Rem Koolhass, è stato riaperto al pubblico nell’ottobre 2016. Dall’antico pozzo agli stemmi della famiglia Fugger, passando per il cemento armato degli anni ‘30 e le tantissime incisioni visibili sulle colonne e le finestre, sono molte le tracce del passato e del presente da scoprire mentre si visitano le 60 boutique di lusso distribuite sui 4 piani, oppure approfittando delle visite guidate che ogni terzo e quarto giovedì del mese vengono qui organizzate.

Arriviamo dunque al 4° piano, all’esposizione, e a Max Farina. Nato a Milano nel 1974 e laureato in architettura al Politecnico di Milano, si dedica dal 1991 alla fotografia di reportage, architettura e documentazione del territorio. Da sempre esplora l’impatto visivo dello scorrere del tempo su punti di vista iconici,,architettonici e paesaggistici. Nel 2014, con il progetto fotografico “Nella Città”, ha vinto il primo premio del concorso “Periferie Possibili”organizzato dal gruppo Renzo Piano G124.
Nel 2016 ha organizzato la prima personale mostra di Rivus Altus alle Zattere, durante la 15ª Biennale di Architettura, ottenendo importanti riconoscimenti. Ma cosa sono i “cronorami”? La parola cronorama mette insieme i termini “chronos” e “diaporama”, tempo e audiovisivo fotografico.

I Cronorami catturano dettagli intricati che spesso passano inosservati, svelando la poesia nascosta nel caos urbano. Queste capsule del tempo conservano i paesaggi urbani in continua evoluzione, offrendo una prospettiva nuova sull’essenza di ogni città. Il tempo trasforma questo lavoro in un’opera organica, mai conclusa, che continua ad arricchirsi.
Max Farina crea delle opere in divenire, aggiungendo nuove fotografie, attraverso un lungo lavoro fatto di 60.557 tasselli, oltre 500 ore di appostamento dal 2013 al 2023, più di 16mila persone ritratte. Questi i numeri del progetto che rappresenta un vero e proprio “tentativo di esaurimento” visivo del panorama veneziano più fotografato, dipinto e conosciuto al mondo: la vista dal Ponte di Rialto e l’incessante flusso di persone che, a loro volta, l’osservano. In 10 anni, il fotografo ha registrato ogni cambiamento del panorama, concentrandosi sulla singola frammentazione che compone il paesaggio.

Come ci racconta lo stesso Max Farina: «Ho scelto Venezia proprio perché essendo una tra le città più fotografate al mondo, lo scatto a volte fugace e banale, ripetuto a distanza nel tempo può svelare segreti ed emozioni. Se ci si sofferma a guardare singolarmente le immagini che scorrono sui monitor, ci si accorge di un balcone che pur essendo sempre lo stesso, nel corso del tempo cambia aspetto grazie a degli striscioni/insegne che l’abitante ha esposto, diversi ogni due anni ….
Lo stesso angolo di cielo visto durante il giorno, o al tramonto, cambia in occasione dei fuochi d’artificio della festa del Redentore … lo stesso pontile cambia se attracca una gondola, o un taxi, o sparisce sommerso dall’acqua alta …».

Sei gigantografie di persone comuni, catturate in bianco e nero, mentre sostano per ammirare il panorama sono inoltre esposte su tre pareti del padiglione permettendo quindi un singolare dialogo fra il soggetto protagonista (il panorama), ovvero l’installazione che fotografa la città, con gli scatti in bianco e nero delle persone che lo osservano e la terrazza panoramica.
Max Farina si è lasciato ispirare, in questa sua ricerca, dal testo dello scrittore francese Georges Perec “Tentativo di esaurimento di un luogo parigino” (Parigi, 1975), in cui l’autore esplora una piazza della ville lumière da differenti punti di vista e in diversi momenti, annotando ogni variazione. In Rivus Altus anche Max Farina come Perec lascia che sia la macchina fotografica a registrare quello che accade, anche quando non accade nulla.

Egli “frantuma lo stereotipo di Venezia” per proporre una sorta di “machine à voir” che ci invita a vedere il Canal Grande come attraverso una lente di ingrandimento protesa a scrutarne i minimi dettagli fatti di luce e oscurità, acque e cieli, palazzi e battelli, folle e silenzi . Nel 2017 ha iniziato a sviluppare nuovi Cronorami in alcune città d’Europa e degli Stati Uniti, come Parigi, Londra,Los Angeles e New York e dal 2019 il progetto “work in progress” di Rivus Altus è esposto in modo permanente presso la San Polo Art Gallery di Venezia.
L’ingresso è libero, tutti i giorni sino al 7 aprile 2024 dalle 10 alle 19.30 al Fondaco dei Tedeschi e altre opere del fotografo sono visibili presso gli spazi della San Polo Art Gallery.
Elena Volpato
